Lezioni di chitarra: utilizzare il sistema CAGED

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La chitarrista professionista ed educatrice musicale Taylor Gamble spiega il sistema di accordi CAGED (Do La Sol Mi Re, N.d.T.) e mostra delle semplici tecniche per avere un maggiore controllo su tutta la tastiera.

Di Taylor Gamble

Bentornati alle lezioni di chitarra di Wood&Steel! Questa volta siamo emozionati di avere con noi la musicista professionista e insegnante di chitarra Taylor Gamble, che ha suonato e registrato con artisti del calibro di Ari Lennox, Stevie Wonder, Tye Tribbett, JJ Hairston, Anthony Brown, Bela Dona, eccetera. È una musicista con una grande esperienza in studio, specializzata negli stili gospel, acustico, R&B e rock. Seguitela su Instagram @taylrtheg; inoltre, nel suo corso online su Skillshare troverete altre sue lezioni approfondite.

Principianti: introduzione al sistema di accordi CAGED

Taylor inizia introducendo il sistema CAGED di accordi aperti sulla chitarra per formare una semplice base, su cui poi poter costruire progressioni di accordi e melodie.

Intermedi: ottenere di più dagli accordi

In seguito, Taylor mostra come il sistema CAGED porti a nuovi territori sonori apportando semplici modifiche alle forme degli accordi, tra cui il modo di trasformare gli accordi maggiori dal suono allegro in accordi minori dal suono più cupo.

Avanzati: muoversi nel sistema CAGED

Infine, Taylor mostra come prendere le forme degli accordi e le sonorità apprese nelle lezioni precedenti e spostarle sul manico della chitarra, potendo così di modellare accordi e progressioni in diverse tonalità e gamme di frequenza.

Speriamo che queste lezioni di chitarra di Wood&Steel vi siano piaciute! Nel nostro prossimo numero troverete altri video che vi aiuteranno a sviluppare le vostre abilità.

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Radici

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Il chitarrista Stevie Salas, RUMBLE e i musicisti nativi americani che hanno contribuito alla crescita del rock‘n’roll

Immaginatevi la scena: a sinistra, un giradischi con un LP; a destra, una donna di nome Pura Fè che ascolta. Indossa orecchini e abiti sottilmente, ma palesemente, appartenenti al retaggio nativo americano: le tribù Tuscarora e Taino. La musica è grezza, una registrazione di qualità mediocre, un blues classico di un cantante e chitarrista di nome Charley Patton. Quando parte la musica, Fé ride, il suo volto si illumina per averlo riconosciuto. Tamburella il ritmo con le dita e inizia a cantare. Oltre un secolo d’influenza musicale prende vita, il legame è indelebile.

“Mi riporta alle mie origini” dice la donna. “Riesco a sentire tutti quei canti tradizionali [nativi americani]. È musica indiana, ma con la chitarra.”

Questa sequenza di intervista non più lunga di due minuti ricostruisce generazioni di suoni passati attraverso culture e lignaggi (musica folk nativa americana, radici blues afro americane e rock‘n’roll classico), tutti inconfondibilmente collegati in un modo così ovvio che perfino un ascoltatore profano non può fare a meno di apprezzare.

Ecco il potere del documentario musicale RUMBLE: The Indians Who Rocked the World del 2017, di cui Stevie Salas è il produttore esecutivo. Intitolato così per il classico strumentale di Link Wray (tribù Shawnee) e il suo martellante motivo a tre accordi, RUMBLE è un film raro, dotato di una sorta di potere riparatore, che illumina i fili culturali, un tempo attivamente recisi dai poteri forti, e li rende visibili agli ascoltatori moderni. Premiato alla sua uscita a dei festival cinematografici indipendenti con dei riconoscimenti, è un film che ogni fan del rock classico, del blues o della musica roots di qualsiasi genere dovrebbe assolutamente vedere.

Stevie Salas: mani eccelse

Guardando RUMBLE, è chiaro sin dall’inizio che questo film è un atto d’amore, impregnato di un’autenticità che, da standard televisivo, lo eleva a opera d’arte sentita e ispirata. Con il produttore esecutivo Stevie Salas al timone, non sorprende che il film mantenga la promessa di sconvolgere il vostro mondo.

Nato nel 1964 a Oceanside, California (casualmente vicino alla sede della Taylor a San Diego), Salas è il tipo di musicista che, in un mondo più giusto, sarebbe famoso. Ma negli ambienti del rock, le sue credenziali sono vere. Sebbene abbia imbracciato la sua prima chitarra all’età di quindici anni, non ha perso tempo e ha iniziato la sua carriera nel 1986 come chitarrista di sessione e turnista con le leggende del funk George Clinton e Bootsy Collins. Cresciuto ascoltando il rock classico dei Led Zeppelin, dei Cream, di Jimi Hendrix, di James Brown e di altri, Salas attribuisce all’influenza del patrigno, anch’egli un musicista rock, il merito di averlo avvicinato al mondo della musica. Ben presto, il nome di Salas ha iniziato a circolare tra i più grandi artisti dell’epoca e nel 1988 ha iniziato una tournée con Rod Stewart.

Nonostante il suo ricco curriculum, che comprende collaborazioni con artisti che vanno da Mick Jagger, Ronnie Wood, Bernard Fowler e Steven Tyler al rapper TI e ai pilastri del pop Justin Timberlake e Adam Lambert, molti conoscono Salas per la sua apparizione nel film cult Bill & Ted’s Excellent Adventure. Con dei giovani Keanu Reeves e Alex Winter, il film è un capolavoro di altissimo livello, che parla di due adolescenti poco dotati che, nonostante i loro sogni di diventare celebrità hard-rock, si trovano ad affrontare ostacoli banali come la scuola superiore e la totale incapacità di suonare i loro strumenti. Dotati di poteri per viaggiare nel tempo da Rufus, un misterioso umano del futuro interpretato da George Carlin, i ragazzi saltano da un’epoca all’altra alla ricerca di personaggi che possano aiutarli a realizzare la più epica relazione di storia di tutti i tempi, che potrebbe essere sufficiente a salvare i loro voti e a mantenere vivi i loro sogni di eroismo musicale.

Peripezie a parte, Bill e Ted concludono il loro viaggio con un’esibizione rock improvvisata da Rufus, che esegue un abile assolo di chitarra, anche se musicalmente ridicolo, alla fine del film. Alla ricerca di un po’ di autenticità hard-rock, i produttori hanno ingaggiato Salas per eseguire l’assolo e sono le sue mani quelle che vedete sullo schermo. Per ottenere il suono disordinato e al tempo stesso tagliente dell’assolo, Salas ha girato la chitarra al contrario e l’ha suonata con la mano sinistra durante la registrazione dell’audio.

Momento propizio per un musicista di tutto rispetto, Bill & Ted precede una lunga carriera che porta Salas in giro per il mondo a suonare con una lunga lista di grandi del rock e del funk. Ha iniziato la sua carriera da solista con un progetto chiamato Colorcode, che ha debuttato con un album omonimo nel 1990 prodotto da Bill Laswell. Salas ha aperto il tour di Joe Satriani e l’album ha venduto bene in tutto il mondo. Salas ha pubblicato altri sei album in studio come Colorcode, oltre a un paio di album dal vivo.

“Non sono mai stato il tipo che ha fatto del suo patrimonio una parte del modo in cui si è venduto. L’essere nativo era ciò che ero come persona sullo sfondo.”

Stevie Salas

Salas ha anche registrato con il proprio nome e l’influenza nativa compare in molti dei suoi lavori da solista. Di origini Apache, Salas riconosce che, per gran parte della sua carriera, il suo retaggio di nativo americano è apparso nel suo lavoro perlopiù filtrato da musicisti non indigeni come Jimmy Page e Jeff Beck, che a loro volta hanno attinto ai suoni dei nativi attraverso la lente del blues americano, un suono tipicamente associato alle comunità afroamericane del Sud prima della Guerra Civile e dell’epoca della Ricostruzione.

“Non sono mai stato il tipo che ha fatto del suo patrimonio una parte del modo in cui si è venduto” spiega Salas. “Volevo essere conosciuto come uno dei migliori e lavorare con i migliori, soltanto per la mia musica. L’essere nativo era ciò che ero come persona sullo sfondo.”

Un tuono lontano: com’è nato RUMBLE

Salas ricorda di essersi avvicinato alla sua eredità indigena quando ha iniziato a collaborare con Brian Wright-McLeod, un giornalista musicale e conduttore radiofonico delle tribù Dakota e Anishinaabe di Toronto. Wright-McLeod ha fatto conoscere a Salas Jesse Ed Davis, un chitarrista noto per aver suonato, tra gli altri, con Taj Mahal, Eric Clapton e John Lennon. In quel periodo, Salas decise di perseguire dei progetti culturali che collegassero i musicisti nativi americani alla visione tradizionale della musica popolare. Ben presto, Salas iniziò a lavorare con Tim Johnson (Mohawk), un direttore associato dello Smithsonian Institution di Washington, dove sviluppò una mostra sul tema intitolata Up Where We Belong: Natives in Popular Culture, prima di iniziare a lavorare a RUMBLE.

“Dovevo fare qualcosa, data la posizione in cui mi trovo come nativo americano, per restituire qualcosa al mio popolo, per lasciare qualcos’altro che non fosse una scimmia che saltella su un palco” dice Salas. “Dovevo fare qualcosa di più importante.”

RUMBLE fu presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2017, cinque anni dopo che Salas aveva proposto l’idea. Il film riscosse un immediato successo di critica, ottenendo il World Cinema Documentary Special Jury Award del festival come Masterful Storytelling. Ha ottenuto riconoscimenti anche in altri festival indie, tra cui quello per il miglior documentario musicale al Boulder International Film Festival e tre Canadian Screen Award nel 2018.

Un ecosistema interconnesso di musica e storia

Nella forma, RUMBLE si presenta come la maggior parte dei documentari musicali e le interviste a mezzobusto, intervallate da clip di performance d’epoca e attuali e da immagini storiche risalenti all’inizio del XX secolo, risulteranno familiari alla maggior parte del pubblico. Il vero punto di forza del film è il suo notevole impegno nel trovare connessioni tra segnali musicali che la maggior parte delle persone, indipendentemente dalla loro conoscenza della storia della musica, avrebbe probabilmente ritenuto indipendenti. RUMBLE segue con attenzione le caratteristiche degli stili musicali dai loro ideatori convenzionalmente intesi fino alle influenze nascoste nelle comunità indigene americane, come un biologo potrebbe scoprire dei collegamenti invisibili tra le specie nella lunga catena dell’evoluzione. I registi riescono a sorprendere e rendere piacevoli storie che molti spettatori potrebbero pensare di conoscere già.

L’immagine più potente di queste connessioni si tuffa in un passato di oltre cento anni nella storia delle popolazioni indigene, delle comunità afroamericane e degli Stati Uniti come nazione. Prendiamo Robert Johnson, l’influente chitarrista il cui suono è comunemente ritenuto la base del blues e, per estensione, del rock’n’roll di ogni genere. Ma la storia vera è più complicata e, sebbene l’influenza di Johnson sia indiscutibile, RUMBLE mostra agli spettatori un altro autore del suono blues.

Per citare una conversazione con l’amico, vicino di casa e collega chitarrista Charlie Sexton, Stevie Salas riassume la vera storia dietro il noto mito.

“Tutti parlano di Robert Johnson perché la sua storia è sexy” dice Salas riferendosi alla leggenda di Johnson, che avrebbe venduto l’anima al diavolo in cambio del talento musicale. Ma chi lo sa, sa che è stato davvero Charley Patton.”

Nato presumibilmente nel 1892, Patton è cresciuto nel Mississippi centrale e nordoccidentale, vicino al territorio dei nativi americani Choctaw. Si pensa che, oltre alle sue origini afroamericane, avesse un antenato di quella tribù: una combinazione abbastanza comune alla fine del XIX e agli inizi del XX secolo, che si intrecciava con la politica razziale dell’epoca. Come RUMBLE si preoccupa di sottolineare, le comunità nere e indigene erano spesso intrecciate a causa della fuga degli schiavi che cercavano rifugio, tra l’altro, fra le popolazioni tribali. Spesso i villaggi e le comunità indigene accoglievano questi fuggitivi e diventavano parte integrante della famosa Underground Railroad (ferrovia sotterranea, N.d.T.).

Charley Patton era integrato in queste comunità indigene di afro e nativi americani, e assimilava gli stili musicali dei due popoli.

Dopo la Guerra Civile e l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti, i rapporti tra gli afroamericani e i nativi americani divennero più complessi. In particolare, le tribù dei Cherokee, Choctaw, Chickasaw, Semiole e Creek erano molto mescolate con la comunità nera. Per i governi dell’epoca della Ricostruzione, spesso questo mix era visto come una minaccia e la discriminazione razziale continuò. Spesso gli afroamericani discendevano dagli schiavi liberati e il governo dell’epoca aveva soppresso totalmente la complessità dei lignaggi che i nativi americani avevano; gli individui di etnia mista erano considerati come neri, e non nativi, per negare loro i diritti di proprietà della terra.

Politica a parte, Patton era integrato in queste comunità indigene di afro e nativi americani, e assimilava gli stili musicali dei due popoli. Famoso per il suo stile vistoso, Patton era noto per i suoi trucchi, come suonare la chitarra dietro la testa, che Jimi Hendrix avrebbe adottato in seguito. La sua influenza sulla musica rock non può essere sottovalutata: la leggenda del blues Howlin’ Wolf lo ha definito come un’influenza fondamentale e lui stesso è stato una fonte di ispirazione per alcuni musicisti europei, i più noti dei quali non sono altro che i Rolling Stones.

Stevie Salas descrive questa concatenazione di influenze come nascosta in bella vista.

“Una volta che si iniziava a guardare, tutte le informazioni erano lì, ma nessuno di noi le aveva mia viste” afferma.

Le lezioni di storia di RUMBLE sono di ampia portata e coprono concetti musicali di un intero continente.

“Usavamo la musica per raccontare la storia dello sviluppo del Nord America” dice Salas.

Legami personali attraverso il rock

I registi del film (Catherine Bainbridge e Alfonso Maiorana) e gli esperti del settore del tema trattato tracciano con grande cura i punti della trama di quella storia. Mentre mostra l’eredità e l’ispirazione dei nativi americani da Link Wray a Jimi Hendrix a Johnny Cash (che ha combattuto una lunga battaglia con la sua casa discografica per pubblicare una raccolta di canzoni ispirate alla cultura dei nativi americani), RUMBLE trasforma suoni probabilmente già noti agli appassionati di rock classico e blues in crocevia dove le idee si sono scontrate e si sono sviluppate in concetti musicali fondamentali. Il film esplora anche le carriere e l’influenza di musicisti meno noti come Jesse Ed Davis, il cui assolo blues in Doctor, My Eyes di Jackson Browne lo ha fatto diventare un ricercato turnista; Redbone, la cui hit del 1974 Come and Get Your Love ha trovato un nuovo pubblico quattro decenni più tardi dopo essere stata inserita nel film Marvel del 2014 I guardiani della galassia; fino a Randy Castillo, batterista di Ozzy Osbourne e dei Mötley Crüe.

La storia di Castillo ha tutti i tratti distintivi del folklore classico del rock’n’roll: un’estetica musicale inconfondibile che lo distingueva dagli altri batteristi dell’epoca, una personalità esagerata e un finale tragico. Mentre RUMBLE si avvia alla conclusione, Stevie Salas stesso interviene per raccontare la storia di Randy insieme al poeta e attivista nativo americano John Trudell (tribù Santee e Dakota). Salas attribuisce a Castillo il merito di averlo avvicinato alla sua eredità nativa negli anni ‘80, quando lo stesso Salas viveva come una rockstar.

“Sono su un jet privato” ricorda Salas. “Sto facendo un sacco di soldi, sono circondato da donne, ma non so più chi sono. Randy Castillo fece amicizia con me sapendo che ero un nativo americano. Ci siamo incontrati proprio quando stavo finendo il tour di Rod Stewart. Bevevo sempre di più e andavo continuamente alle feste… e lui capì che stavo perdendo la testa. Mi disse: ‘Ti porterò in New Mexico’.”

Salas afferma che, per gran parte della sua carriera, non aveva pensato alle sue origini native come a una caratteristica definita del suo essere un musicista o a come si identificava con il resto del mondo della musica. Ma Castillo lo aiutò a connettersi con le sue radici.

“[Randy] continua: ‘Devo portarti nella terra degli indiani’. Non avevo mai sentito quell’espressione, ‘terra degli indiani’.”

Un filo conduttore di RUMBLE è l’idea che le persone di origine nativa condividano un qualcosa di musicale, un modo diverso di approcciarsi al suono che ha permesso loro di ritagliarsi un ruolo nella cultura tradizionale e di diffondere la loro influenza attraverso l’albero genealogico della musica rock.

“Il senso del ritmo dei nativi americani è nel mio DNA, come sentiamo il ritmo in battere” dice Salas.

A questo sentimento fanno eco gli esperti che i produttori di RUMBLE hanno scelto per intervenire nel film, dagli addetti ai lavori dell’industria musicale come Quincy Jones e Steven Van Zandt, ai musicisti più noti come George Clinton e Taj Mahal, fino agli scriba culturali come Martin Scorsese e John Trudell.

Facendo riferimento al periodo di Castillo con Ozzy Osbourne, nel film il bassista Robert Trujillo ricorda come Ozzy scovasse dei musicisti che portavano il distintivo approccio “indigeno” al modo di fare musica.

“Ozzy ha sempre detto che ama lavorare con i nativi e gli ispanici. Aveva un legame con loro” dice Trujillo. “Percepiva che avevano un ritmo migliore. Ha sempre parlato di Randy come di una connessione diretta con quell’energia indigena e quel ritmo che lui amava.”

Ma più di tutti, Salas voleva fare un film che mostrasse questi legami tra i musicisti nativi americani e l’interpretazione ormai universale del rock come genere. Afferma che non voleva che fosse un “film sulla razza”, ma un film su degli eroi, su quelle persone che avevano quei suoni nel loro DNA e che li hanno trasmessi con amore attraverso generazioni di musica.

In una recente intervista di Taylor Primetime condotta dal content team di Taylor, Salas ha esposto la sua visione del film.

RUMBLE parla di persone che hanno cambiato il mondo” dice. “In realtà, si trattava di capire come le persone che hanno insegnato a tutti noi il rock’n’roll abbiano imparato da questi [nativi americani]. Se vi dicessi che Jesse Ed Davis è stato uno dei più grandi chitarristi degli anni Settanta, potreste commentare: ‘Eh, non era male’. Ma se lo dice Eric Clapton, replichereste: ‘Forse è meglio che ci pensi’.”

Anche con le sue cupe reminiscenze di torti storici e con le sfide affrontate dagli antenati di Salas, RUMBLE è indubbiamente un ottimo documentario sul rock. Mentre riunisce fili disparati di storia e cultura in una linea temporale serrata e avvincente, il film rende esplicite le influenze precedentemente note solo agli storici della musica e ai pochi musicisti che hanno effettivamente lavorato con questi eroi nativi americani del rock. Molto più di un documentario di nicchia, RUMBLE è un film assolutamente da vedere per qualsiasi musicista o ascoltatore che voglia capire come il rock sia diventato ciò che è oggi.

Taboo (tribù Shoshone) dei Black Eyed Peas riassume il messaggio poco prima della fine del documentario.

“Quando sei circondato da belle persone native orgogliose delle loro origini, è d’ispirazione per tutti.”

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Custodi di alberi

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Vi siete mai chiesti come sono gestiti gli alberi nelle città?

Alcuni di noi alla Taylor sono accampati fuori dell’ufficio di Mike Palat della West Coast Arborist, che ci sta facendo fare un tour virtuale della piattaforma informatica di proprietà che la WCA utilizza per la sua attività. Tutti gli occhi sono puntati sul monitor installato sulla parete mentre Mike naviga attraverso il sistema software di gestione degli alberi della WCA, un database efficiente che integra gli inventari dettagliati degli alberi e i trascorsi lavorativi che hanno compilato per le città nelle quali operano, per la bellezza di quasi 400 comuni in tutta la California e parte dell’Arizona. Il sistema è utilizzato per documentare la vita di più di sei milioni di alberi, grazie all’integrazione della mappatura GPS che traccia la posizione e il lavoro dei tecnici arboristi in tempo reale.

Palat, un vicepresidente della WCA con vent’anni di esperienza, è un maestro arborista certificato specializzato in servizi pubblici e comuni, e supervisiona le operazioni nella California del Sud, nella regione a sud-ovest, compresa la Contea di San Diego. È un’enciclopedia vivente degli alberi ed è ben felice di istruire noi non arboristi su alcune delle molte considerazioni che riguardano la programmazione e la gestione delle foreste urbane.

La conversazione spazia dalle basi di ciò che un appaltatore di manutenzione degli alberi municipali fa per le città al perché l’esperienza della WCA è stata così cruciale per l’iniziativa collaborativa sul legno urbano che questa azienda sta forgiando insieme alla Taylor.

Il nostro gruppo è composto da Scott Paul, il nostro esperto interno di sostenibilità, che conosce bene Palat e ci parla spesso. (Palat è il contatto principale di Scott alla WCA ed entrambi fanno parte del Board of Directors of Tree San Diego, un’organizzazione no profit impegnata ad accrescere la qualità degli alberi urbani a San Diego.) Durante tutto il video Scott tempesta Palat di domande volte a guidare la conversazione.

Come le città gestiscono i loro alberi

I numeri della West Coast Arborist

Più di 1100 impiegati
Più di 12 sedi in California e Arizona
Più di 675.000 alberi potati ogni anno
Più di 46.000 alberi rimossi ogni anno
Più di 18.500 alberi piantati ogni anno
Più di 300.000 alberi inventariati ogni anno

Palat inizia spiegando come le città creano e gestiscono i propri inventari di alberi urbani. All’interno di una città, vari uffici o agenzie possono gestire diverse classificazioni di alberi che formano la popolazione arborea urbana. Per esempio, a San Diego la Street Division della città supervisiona la manutenzione degli alberi urbani. Il Park & Recreation Department supervisiona gli alberi nei parchi pubblici. La San Diego Gas & Eletric potrebbe supervisionare quelli vicino ai servizi pubblici (linee elettriche). Insieme, tutti questi alberi costituiscono le chiome urbane della città e delle aree periferiche; per molti di noi, sono alberi nascosti in bella vista e si fondono con il paesaggio accanto a strade ed edifici, ma in realtà sono piantati, documentati e mantenuti con uno scopo.

“Molti programmi di gestione delle risorse cittadine gestiscono buche, lampioni, centraline per l’irrigazione e anche alberi”, spiega Palat. “Il nostro software è il loro punto di riferimento per gli alberi ed è specifico per le città.” Le città hanno dei dipartimenti GIS (Sistemi Informativi Geografici). Per quelle che hanno stipulato un contratto con la WCA, avere il proprio inventario di alberi in questo programma non ha alcun costo ed è dedicato alla gestione del patrimonio arboreo.”

Una città che stipula un contratto con la WCA potrebbe ricevere una gamma di servizi di gestione e manutenzione a seconda delle proprie risorse dipartimentali.

“Una parte del nostro lavoro è fare l’inventario degli alberi di una città”, dice Palat. “Le città posseggono quei dati e noi possiamo conservarli in molti modi. Il nostro software ArborAccess è un programma online dotato di un’applicazione per cellulare, quindi in sostanza quello che facciamo pagare è la raccolta dei dati, ovvero l’invio di un arborista per raccogliere queste informazioni, ma non le autorizzazioni di questo programma se un’agenzia è sotto contratto con la WCA.”

Se una città ha un contratto di manutenzione con questa azienda, ArborAccess permette di documentare tutti i trascorsi lavorativi. Mentre parla tira fuori una mappa di San Diego con integrazione GPS per mostrarci tutte le squadre della WCA attualmente al lavoro.

“Vedete tutti questi puntini? Sono i GPS delle squadre, questi sono tutti i veicoli dottai di GPS in tempo reale: dove lavorano, dove sono parcheggiati, quando arrivano e a che velocità vanno. Tutto questo è parte del programma.”

Che sia la città o la WCA a occuparsi della documentazione dell’inventario arboreo, viene creato un elenco pre-qualificato che viene conservato nel database, con le raccomandazioni per la manutenzione di ogni singolo albero.

“In seguito, se le nostre squadre sono fuori a potare gli alberi e notano qualcosa, aggiornano i dati per informare le città dei cambiamenti di questi alberi”, dice Palat. “Questi alberi sono biologici, quindi cambiano in continuazione. È un mezzo per comunicare alla città gli alberi potenzialmente a rischio.”

Che sia la città o la WCA a occuparsi della documentazione dell’inventario arboreo, viene creato un elenco pre-qualificato che viene conservato nel database, con le raccomandazioni per la manutenzione di ogni singolo albero.

Sebbene la WCA sia responsabile di documentare le condizioni degli alberi e di fornire tali informazioni alla città, in definitiva spetta a quest’ultima impartire le istruzioni del servizio. E quando si tratta di rimuovere degli alberi a causa dell’età, del degrado, del rischio per la sicurezza, eccetera, la decisione spetta esclusivamente alla città. Scott sottolinea questo punto per chiarire che la WCA, o la Taylor, non va in giro a cercare alberi da abbattere.

“No, niente affatto”, afferma Palat. “Consigliamo in base alle nostre osservazioni, ma la decisione finale di abbattere un albero spetta a loro.”

La conversazione si rivolge alle specie di legni urbani che al momento la Taylor si procura dalla WCA: frassino Shamel e adesso anche l’eucalipto corteccia di ferro rosso. Palat esegue quindi una ricerca di inventario di entrambe le specie arboree nella città di El Cajon, sede della Taylor (un cliente della WCA), per dimostrare l’utilità del sistema.

“Ci sono cinquantaquattro frassini Shamel nella città di El Cajon e, se voglio sapere la loro posizione, li mappo ed ecco qui. Posso attivare le immagini aeree e, come potete vedere, quando clicco su un albero mi dice di che albero si tratta, mi dà i dettagli, l’ultima volta che è stato potato… Si possono vedere tutte le informazioni: raccomandazioni di potatura di routine, nessun problema di manutenzione e c’è un’infrastruttura elettrica in superficie, che non è una buona cosa per il frassino Shamel nelle vicinanze.”

Albero giusto, posto giusto

Questo ultimo punto parla di ciò che è diventato un mantra tra gli arboristi di tutto il mondo: “albero giusto, posto giusto”. In altre parole, da una prospettiva di piantatura e progettazione, è importante piantare delle specie di alberi con caratteristiche compatibili con la posizione specifica e che servano ai loro scopi, che si tratti di fare ombra, attutire i rumori e il vento o altri benefici, senza causare problemi. Come nel caso di una vicinanza eccessiva a un marciapiede o a una strada, dove le radici di alcune specie rischiano di strappare la pavimentazione o le linee fognarie, oppure crescere fino a dimensioni tali da interferire con le linee elettriche. Spesso si tratta di un esercizio di geometria, che prevede l’aspetto dell’albero a maturità e il modo in cui alla fine riempirà lo spazio in cui sarà piantato.

Infine, degli alberi “sbagliati” piantati nel posto sbagliato “sono dei candidati alla rimozione”, dice Palat. “Anzi, la San Diego Gas & Electric ha un intero programma per cercare di rimuovere questi alberi problematici, quelli che chiamano “i demolitori del ciclo”. Spendono un sacco di soldi per rimuovere la vegetazione dalle linee elettriche e spesso si rivolgono alle agenzie dicendo: “Vi diamo alberi gratis se ci lasciate rimuovere questi”.

Mentre le città cercano di piantare più alberi per rafforzare le loro chiome urbane, hanno anche mappato e designato le aree libere come luoghi adatti alla piantatura. Palat ingrandisce la mappa e mostra una serie di puntini grigi che rappresentano questi luoghi.

“Se analizziamo un luogo libero, una parte di questa analisi potrebbe consistere nel misurare la larghezza della strada”, spiega. “Se ci sono linee elettriche aeree, anche questo aspetto rientrerà nel processo decisionale.”

La durata media della vita di un albero urbano è di otto anni.


A seconda del luogo, una delle sfide della coltivazione di un albero, dice Palat, è determinare chi lo annaffierà. “In questo momento [nella California del sud], questa è la difficoltà maggiore”, aggiunge. “Anche se le città sono disposte a regalare alberi, nessuno li prende. Esiste l’irrigazione a contratto, ma costa. Oppure si può trovare un affittuario che dica: ‘Lo prendo io’, ma poi si trasferisce e chi subentra non se ne cura. Questo è il motivo principale per cui la vita media di un albero urbano è di otto anni.”

Si è anche diffusa un’idea sbagliata sul costo dell’annaffiatura di un albero, afferma Palat.

“Alcune persone credono che mantenere un giovane albero costi migliaia di dollari all’anno”, spiega. “Ma in realtà mantenere un giovane albero costa dieci dollari l’anno. I litri d’acqua necessari possono essere usati in modo strategico per massimizzare ciò che è necessario al mantenimento.”

Mantenere un giovane albero costa dieci dollari all’anno.


Molte delle decisioni sul piantare alberi in una città devono ovviamente considerare l’impatto a lungo termine degli ambienti in cui vivono e crescono. Una considerazione previsionale sempre più importante è il modo in cui gli effetti del cambiamento climatico stanno costringendo le città a ripensare la vitalità delle loro popolazioni arboree per i decenni a venire.

A tal fine, la WCA ha lavorato con altri esperti di alberi in California per combinare i dati e creare un database su scala nazionale ancora più dettagliato. Tra questi si annoverano Matt Ritter, professore del dipartimento di biologia al Cat Poly, San Luis Obispo, un esperto di orticultura, autore e una delle maggiori autorità mondiali sull’eucalipto. Il database online di Matt, SelecTree (https://selectree.calpoly.edu/), è una grande risorsa nella selezione di specie adeguate in California.

“Il programma che abbiamo elaborato con Matt ha introdotto alberi di cui nessuno ha mai sentito parlare, nel tentativo di guadagnare un po’ di slancio sulle specie che dovrebbero essere introdotte per un futuro successo”, dice Palat.

Per mostrare alcune delle altre capacità del loro software, Palat ha estratto i dati sugli alberi della città di El Cajon (dove ha sede la Taylor) per darci una panoramica dell’inventario degli alberi. Possiamo vedere, statisticamente, le prime dieci specie più piantate in percentuale della popolazione arborea: il mirto crespo è in testa con il 12,7%, seguito dalla palma regina con il 12,2%. Questi dati aiutano a guidare una sana diversificazione delle specie piantate.

“Una specie non dovrebbe mai dominare più del 10% della popolazione arborea, soprattutto in California”, afferma Palat. “La diversità delle specie è importante. Il motivo è che in California vengono introdotti nuovi parassiti ogni quaranta giorni, il che rende la popolazione arborea vulnerabile se è più numerosa.

Anche la diversità di età è un’importante considerazione statistica per valutare la salute della popolazione arborea di una città, dice Palat mentre osserva le dimensioni degli alberi per approssimare l’età di quelli di El Cajon.

“Solo lo 0,55% degli alberi con un diametro superiore ai settantotto centimetri, quindi sarebbe bello che la diversità di età fosse distribuita meglio”, spiega. “Di solito, quando gli alberi raggiungono questa fascia di età, è probabile che siano rimossi: accadono una serie di cose quando gli alberi maturano, dalle malattie e dai parassiti al decadimento e al non essere una specie appropriata per il luogo in cui l’albero è stato piantato.”

Parlando dell’inventario arboreo della California, un fattore che ha reso lo Stato un centro di diversità arborea è il suo clima mediterraneo (e i microclimi, dalle zone costiere alle valli interne e alle montagne), che può ospitare un’ampia gamma di specie. Palat sottolinea che molte zone della California, soprattutto quelle centrali e meridionali, in origine erano essenzialmente delle “tele bianche” senza una grande copertura arborea, motivo per cui molte specie non sono autoctone. (Per esempio, si veda la rubrica “Sostenibilità” di Scott Paul in questo numero, dove si parla della California e dell’eucalipto.)

La conversazione torna alle specie di alberi urbani con cui lavora la Taylor e Palat mostra la collocazione di alcuni eucalipti corteccia di ferro rossi nella zona. Speriamo di poter scattare alcune foto di eucalipti corteccia di ferro rossi e frassini Shamel maturi nelle vicinanze e ha trovato un paio di luoghi: un’aiuola spartitraffico lungo una strada con molti di questi eucalipti e un parco dove si trovano entrambe le specie.

Senza l’analisi dati della WCA, la Taylor non potrebbe impegnarsi a usare questi legni urbani su dei modelli dedicati.


Scott sottolinea che il software per alberi della WCA ha permesso alla Taylor di impegnarsi a utilizzare il frassino e l’eucalipto corteccia di ferro rosso su dei modelli dedicati della nostra linea.

“La grande domanda di Taylor, oltre al fatto che il legno avesse le proprietà adatte alla costruzione di chitarre, era se ci sarebbe stata o meno una fornitura nel tempo, in futuro”, spiega. “Il database della WCA è stato in grado di mostrarci che c’è un gran numero di alberi di nostro interesse in tutto lo Stato, che vengono piantati ancora oggi e che, in base alla durata media della vita di queste specie, la WCA può fornirci una stima abbastanza buona dei tassi di rimozione annuali. Naturalmente, la stima varierà ogni anno, ma ci ha dato la fiducia necessaria per andare avanti. Se non fosse stato per la capacità della WCA di farlo, non saremmo mai stati in grado di impegnarci a utilizzare quei boschi come parte integrante del nostro assortimento.”

Da quando nel 2020 hanno avviato questa partnership di approvvigionamento, la Taylor e la WCA hanno continuato a investire in processi e infrastrutture che migliorano le capacità operative della WCA con il legno proveniente da alberi rimossi.

“Ora abbiamo un meccanismo per cui, quando un’agenzia richiede la rimozione di un frassino Shamel, il mio telefono suona, così possiamo assicurarci di comunicare con la squadra di rimozione”, spiega Palat. “Questo ci ricorda di fare molta attenzione al modo in cui lo abbattiamo e ci assicura che venga portato nel nostro deposito di smistamento a Ontario [California].”

In questo segmento tratto da una discussione sulla produzione di legno urbano, il produttore dei contenuti di Taylor Jay Parkin parla col direttore della sostenibilità delle risorse naturali Taylor Scott Paul, col capo designer di chitarre Andy Powers, e col maestro arborista Mike Palat di West Coast Arborists. I quattro discutono del significato di foresta urbana, dei fattori che complicano e rincarano notevolmente la fornitura di legno urbano, e dei motivi che hanno spinto West Coast Arborists a creare l’infrastruttura per supportare questo nuovo modello di produzione.

Inoltre, la Taylor ha lavorato a stretto contatto con la WCA per preservare e tagliare in modo adeguato del legname idoneo per le chitarre.

“Abbiamo assolutamente imparato molto da questi ragazzi”, dice Palat. “Abbiamo costruito molte più strutture ombreggianti, adesso manteniamo il legno umido; per noi non era una grande esigenza finché non abbiamo cominciato a lavorare con voi. E adesso tagliamo gli alberi nel modo che ci avete aiutato a stabilire.”

Questa infrastruttura creerà idealmente le fondamenta di un’economia circolare intorno a questo legno e speriamo che serva da modello per realizzare altri prodotti di gran valore.

Insieme agli altri criteri che contribuiscono a determinare quali alberi piantare negli ambienti urbani in futuro, con un po’ di fortuna, forse verrà considerato anche il valore di fine vita.

I professionisti provano le chitarre

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Abbiamo invitato dei musicisti attenti e minuziosi a provare le nostre nuove chitarre della serie 500. Ecco i loro commenti.

A luglio i membri del nostro team delle relazioni con gli artisti hanno trascorso la giornata con una serie di talentuosi musicisti di Los Angeles, allestendo una serie di sessioni individuali presso i Republic Studios (una divisione di Universal Music Group) per avere le prime impressioni di ogni artista sulle nuove chitarre in eucalipto corteccia di ferro rosso.

Volevamo le reazioni sincere di ciascuno senza “influenzare il teste”, quindi non abbiamo svelato nulla delle chitarre, a parte lo stile del corpo. Tutti gli artisti sono artisti Taylor con cui lavoriamo attualmente quindi, per correttezza, dobbiamo dire che conoscono già le nostre chitarre. Detto questo, abbiamo chiesto loro cosa li ha colpiti di questi modelli in particolare: pregi, difetti o altro. Avevamo a disposizione sia la 512ce che la 514ce e li abbiamo incoraggiati a suonarle entrambe, iniziando con il modello che desideravano.

Dal punto di vista estetico, quasi tutti hanno apprezzato l’aspetto del lieve trattamento edgeburst, soprattutto in combinazione con il colore leggermente più scuro del top in abete tostato, e diversi artisti hanno notato il filetto in finto guscio di tartaruga. Dal punto di vista musicale, il gruppo si è diviso equamente in base alle preferenze del modello.

Ecco alcuni punti salienti delle loro reazioni.

Matt Beckley

Chitarrista, autore, produttore e ingegnere

[Prima suona la 512ce.] È fantastica. [Poi la 514ce.] Questa vuole che tu la colpisca più forte. Cosa succede qui? Perché suona così bene? Sono molto articolate ma equilibrate… Questa ha un’ottima risposta delle basse e una buona risonanza. Sembra che non sia una chitarra nuova e lo intendo nel modo migliore. Non sembra che abbia bisogno di essere rodata. Ha la stessa suonabilità di una vecchia chitarra in mogano, con una sensazione di vecchio in senso positivo.

Registro molto e a volte, soprattutto quando si imbraccia una chitarra acustica, bisogna lavorarci molto, e suona come se fosse stata davvero ben pre-equalizzata; me lo ricorda un po’. È davvero bilanciata. Non è un suono scavato.

Potresti avere solo lei, perché sembra che possa registrare bene, ma stimola anche a scrivere. A volte, quando prendi una vecchia chitarra con spalla inclinata o qualcosa di simile, suona bene in una stanza, ma richiede un sacco di lavoro in studio o non avrà il giusto effetto sul palco. Questa è stimolante da suonare, quindi è anche ottima per scrivere… In una stanza, sembra anche una buona chitarra da registrazione. Quindi direi che non ci sono molte cose per cui non la userei. L’altra cosa è che si può colpire, ma dà comunque soddisfazione anche con il fingerpick. È davvero divertente.

La 512ce è molto forte per essere una chitarra dal corpo piccolo. E io ho una mano molto pesante. La compressione non incasina niente, perché con molte delle chitarre a corpo piccolo che ho non riesco a colpire così forte, il che non è un male; si adatta al mio modo di suonare… Produce una grande quantità di basse, ma in modo molto controllato, non confuso.

Le Taylor riescono ad avere delle buone basse e una buona proiezione, ma senza confondere il mix; come produttore e musicista che suona principalmente dal vivo, quello che cerco è una chitarra che supporti questo aspetto…

[Dopo aver saputo di che legni sono fatte] Questa [chitarra] è fantastica. Non riesco a credere che non sia in mogano. Suona come una chitarra fatta con quel legno. È davvero speciale e, da persona che ama il pianeta, sono felice che abbiate trovato il modo di mantenere l’idea… Avete davvero fatto centro.

Dory Lobel

Musicista, autrice, compositrice, produttrice e membro della band del programma The Voice da dieci anni

[Ispezionando la 514ce] Sembra bellissima, ottimo manico. [Suona un accordo.] Wow. Okay, prima di tutto, è davvero, davvero buona; è molto sorprendente. Molto dolce e bilanciata. Non ha quasi nessuna asprezza tipica della maggior parte delle acustiche. Spesso le chitarre acustiche sono costruite per produrre volume e proiezione, quindi a volte le singole note mancano di carattere, non parlano. Con questa, invece, ogni nota ha molto tono, ma è davvero rotonda.

La parola che continua a venirmi in mente è “equilibrata”. È super, super equilibrata. Ho un rapporto di amore/odio con le chitarre acustiche. Non molti ne parlano, ma credo che siano progettate innanzitutto per il volume e le paragono sempre a strumenti come mandolini e banjo, che hanno molta più personalità e medie. Ma questo è ciò che cerco in un’acustica: un suono abbastanza interessante da poter suonare una piccola nota ed essere sufficiente, e poterla lasciare in sospeso. Anche l’intonazione è pazzesca.

È interessante perché ha una gamma di frequenze piena e hi-fi, ma senza sacrificare una grande dolcezza. Mi ricorda molte cose che mi piacciono, come Elliott Smith, musica acustica molto bella ed emotiva, ma con una sorta di Tony Rice, hi-fi, bluegrass. Sono rese dal modo in cui risuona e dall’intonazione, tutto fiorisce davvero alla grande. Sapevo che sarebbe stata fantastica (suono chitarre della Serie 500 da 20 anni), ma è davvero straordinaria.

A The Voice uso molto questa forma [Grand Auditorium]; è una delle mie preferite. Credo che tutti concordino sul fatto che questa sia una grande chitarra. So che alcuni dicono che alcune forme sono più adatte per il fingerpicking o lo strumming. Questa, lo so per certo, può fare tutto. L’ho suonata con Alison Krauss, Vince Gill, Ryan Adams… non c’è nulla che non si possa fare con questa chitarra ed è ottima anche per registrare. Alcune chitarre si usano più per i live perché sono affidabili, mentre in studio si usa qualcos’altro. Questa si può sicuramente usare per entrambe le cose. È splendida… l’indicazione migliore è che non voglio smettere di suonarla.

Jaco Caraco

Turnista/chitarrista da palco e membro della band del programma The Kelly Clarkson Show

[Suona prima la 512ce.] Wow. La prima reazione è che il sustain è ancora attivo. Non credo di averlo mai sentito prima. La sensazione è incredibile, il suono fantastico. È bella e legnosa, una cosa che adoro in una chitarra acustica. Perfettamente intonata. Wow, la adoro.

Le medie sono davvero belle. Non è aspra. Suona benissimo con le dita e, anche se si fa un po’ di strumming, ha un ottimo suono.

[Suona la 514ce.] Ovviamente il corpo è più grande, quindi ha più basse, quasi come una J-200. Quindi, ora che le ho ascoltate entrambe e posso sentirle, per me questa sarebbe più per lo strumming. Ha un bel suono metallico e stridulo. Davvero impressionante.

È una chitarra incredibile. È davvero ben bilanciata. E le basse risuonano attraverso il corpo, il che è davvero bello.

Per me, la chitarra classica con cui registrerei sarebbe una vecchia Gibson. E sarei felice di registrare con questa e scommetto che nessuno sarebbe in grado di notare la differenza, a parte per quanto riguarda il sustain e l’intonazione.

Horace Bray

Chitarrista da registrazione/tour, cantante e produttore

[Suona prima la 512ce] Prima reazione: suona benissimo. La prima cosa che mi è saltata all’occhio è che è davvero uniforme su tutto il manico; per quanto io ami la chitarra, mi piace molto quando sembrano dei pianoforti, dove il suono è bilanciato su tutto lo strumento. Questa è la prima cosa che ho notato. Ha sicuramente un suono diverso nelle medie rispetto a ciò che ho suonato con la mia con top in abete, e fondo e fasce in mogano. Sembra quasi che abbia una compressione naturale, il che probabilmente contribuisce all’uniformità su tutta la chitarra. Non è molle. I silenzi parlano ancora molto e questa è la cosa su cui mi sto soffermando… L’attacco è più immediato in questo caso.

[Suona la 514ce] Wow. Questa sembra un po’ più di percussione. Mi sembra che reagisca un po’ di più agli attacchi del plettro. Mi fa venire voglia di fare più strumming… Credo che mi piaccia di più l’attacco del plettro, ma la compressione più naturale che ottengo con l’altra mi fa gravitare maggiormente verso i pezzi con una singola melodia. Probabilmente si può fare un po’ di più bluegrass, qualcosa di più strimpellato, dato che lascia risuonare le note.

Penso che l’accoppiata di questi due strumenti si completerebbe molto bene in un ambiente di studio… Credo che la differenza nel modo in cui si sentono gli attacchi li farebbe sovrapporre molto bene insieme.

Taylor Gamble

(Ari Lennox) Turnista (gospel-rock, R&B, acustica/classica)

[Suona la 512ce] La tensione delle corde è davvero buona. Riesco a far suonare il vibrato… L’azione è perfetta. Ha sicuramente il calore del palissandro; mi piace questo legno per la sua versatilità, per passare da un genere all’altro.

[Il suono è] molto ricco… Mi piacerebbe sentirlo amplificato e microfonato allo stesso tempo, perché è molto robusto. Quando suono piano riesco a sentire il suono generale… Ha un bel sostegno. Le note mantengono il loro valore; non ho l’impressione di perdere nulla quando suonano. Per quanto riguarda lo strumming e l’attacco, scatta come mi serve…

Potrei fare un intero set acustico solo con questa chitarra, dallo strumming al fingerpicking, ho collegato certi pedali alle mie chitarre acustiche perché sento che è bellissimo quando l’elettrica e l’acustica si sposano perfettamente, anche se si tratta solo di fare degli accordi. Quello strato in più che proviene da uno strumento acustico può essere la ciliegina sulla torta in molte situazioni. La userei sicuramente in un contesto acustico; la userei sicuramente durante uno spettacolo dal vivo, per esempio se mi esibissi con un artista, tirerei fuori questa ragazzaccia e le direi: “Suona bene, serve neanche l’amplificazione”. La userei anche per registrare. E onestamente, questo è il tipo di chitarra che registrerei insieme alla voce.

Questa chitarra sa farmi sentire tutto quello che ho bisogno di sentire quando suono in acustico. Sento molto bene le basse e sento ancora le alte e le medie; questa produce più medie, ma il mio modo di suonare è quello di fare molti accordi con molto feel, quindi ho bisogno di quel fondo. Gli accordi devono essere rigogliosi, devono risuonare ed essere sostenuti. Sono quel tipo di musicista. Mi piace molto il suono.

Janet Robin

Cantautrice, chitarrista e membro de The String Revolution

[Suona la 514ce] Il manico è ottimo come al solito. L’azione è fantastica. Io sono più una chitarrista di percussione… La risposta è ottima, soprattutto perché non è una dreadnought. Questa è in grado di sopportare il mio modo di suonare. Penso che abbia un suono piacevole e uniforme. È molto equilibrata. [Fa strumming più piano] Ha un bel sostegno. L’altra mia Taylor è una dreadnought in abete e palissandro [una dreadnought modello Dan Crary Signature]. Non riesco a ottenere quel suono. È molto vellutata; molto uniforme tra le basse, le alte e le medie. Direi che si orienta un po’di più verso le medie; naturalmente dipende anche dal tipo di corde usate.

Penso che sia il tipo di chitarra che può essere usata in tutti i modi: uso percussivo, come sto facendo io, forse fingerstyle [fingerpicking], bellissimo. Ancora una volta, ha quel sostegno vellutato e piacevole. Sicuramente è ottima per il fingerstyle e lo strumming, una grande chitarra da cantautore. Anche per un chitarrista solista… credo che si presti molto bene a un’esibizione solista o, grazie a quell’inclinazione verso le medie, potrebbe penetrare in una band… Bella dinamica.

Andy Powers alla terza

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Come capo progettista di chitarre, presidente e amministratore delegato, Andy Powers è pronto a guidare la prossima generazione di innovazioni Taylor

Abbiamo dovuto ordinare ad Andy Powers dei nuovi biglietti da visita. Il 31 maggio abbiamo proclamato Andy presidente e amministratore delegato della Taylor. Se conoscete Andy, sapete che non fa caso ai titoli; ha elencato prima il suo ruolo di progettista di chitarre per sottolineare la continua attenzione della Taylor nel realizzare strumenti che allietano e ispirano i musicisti.

I cofondatori Bob Taylor e Kurt Listug, ora rispettivamente ex presidente ed ex amministratore delegato, hanno comunicato con orgoglio la notizia ai dipendenti proprietari della Taylor in un video pre-registrato con Andy, che è stato pubblicato un giorno prima dell’annuncio pubblico. Inoltre, Bob e Kurt hanno comunicato che continueranno a essere coinvolti nell’azienda come consulenti senior e co-presidenti del consiglio di amministrazione della Taylor Guitars, istituito nell’ambito del passaggio dell’azienda a essere di proprietà al 100% dei dipendenti.

L’annuncio è stato dato proprio qualche giorno prima del NAMM Show ad Anaheim, in California, un evento che ha fatto parlare di sé per il suo ritorno dopo una pausa dovuta al COVID.

La settimana seguente, di ritorno al campus Taylor a El Cajon, abbiamo tenuto il nostro evento ESOP di metà anno, durante il quale Andy ha avuto l’opportunità di parlare personalmente ai dipendenti-proprietari del suo nuovo ruolo e del nostro percorso come azienda di chitarre. Ma non prima di aver dato il via alle danze con alcune canzoni.

E con ciò, Jason Mraz, un vecchio amico di Andy, è salito sul palco per cantare alcune canzoni, accompagnato da Andy alla chitarra.

Si è trattato di un momento in cui il cerchio si è chiuso, considerando che Andy e Bob Taylor si erano incontrati in occasione dell’esibizione di Mraz sul palco della Taylor al NAMM nel 2010, con Andy come turnista. Sono seguite delle conversazioni. Bob ha fatto la sua mossa. Andy si è unito all’azienda nel gennaio 2011 e il resto è storia, una storia che continua a svolgersi con Andy ora formalmente al comando.

Un passaggio graduale

Data la progressione degli eventi alla Taylor negli ultimi anni, il ruolo superiore di Andy non è stato un’enorme sorpresa per molti di noi qui in azienda. È sembrato invece la continuazione logica del piano di successione che Bob e Kurt avevano messo in moto. Nel 2019 Andy è diventato socio, un testamento della fiducia che Bob e Kurt ripongono in lui, unita al desiderio di mantenere il design delle chitarre qui alla Taylor il punto centrale per un futuro a lungo termine.

“Andy ha la visione e il talento per continuare a far progredire la liuteria alla Taylor. È fondamentale per il futuro dell’azienda.”

Bob Taylor

L’impegno fu avvalorato quando l’azienda annunciò il passaggio a essere di proprietà al 100% dei dipendenti, una mossa che Bob, Kurt e Andy ritenevano la soluzione migliore per preservare la cultura della creatività e l’innovazione chitarristica che ha alimentato la crescita e il successo della Taylor. La visione creativa di Andy, i design di chitarre incentrati sui musicisti e la sua leadership attenta alla Taylor, uniti al suo impegno professionale all’interno dell’azienda, sono stati fattori importanti nel prendere questa decisione, che hanno rassicurato Bob e Kurt sulla scelta di prendere quella strada.

“Andy ha la visione e il talento per continuare a far progredire la liuteria alla Taylor. È fondamentale per il futuro dell’azienda”, afferma Bob.

Imparare da Kurt

Sebbene il passaggio di testimone da Bob ad Andy sia stato evidente fin dall’inizio, ricoprire il ruolo di Kurt non rientrava nei piani originali di Andy. Ma Kurt dice che Andy ha dimostrato fin da subito interesse e attitudine per il lato commerciale dell’attività della Taylor e ha capito come tutti i pezzi debbano combaciare in modo olistico per mantenere un’azienda sana.

“Sin da quando si è unito a noi nel 2011, Andy ha lavorato in stretta collaborazione con tutti i reparti sotto la mia leadership: vendita, marketing, finanza e risorse umane. E capisce a fondo le loro funzioni”, ha dichiarato Kurt in occasione dell’annuncio ai dipendenti-proprietari della Taylor.

Negli ultimi anni Kurt ha dedicato molto tempo a fare da mentore ad Andy, discutendo di pianificazione finanziaria, rivedendo i bilanci e parlando della filosofia di gestione aziendale che ha guidato le decisioni prese nel corso degli anni. Ha capito che Andy era la persona giusta per ricoprire anche il ruolo di amministratore delegato durante il 2020, quando si stavano gettando le basi per preparare il passaggio a una struttura ESOP.

Inoltre, Kurt sottolinea che oggi è più facile per una sola persona supervisionare sia la produzione di chitarre che il lato commerciale dell’azienda, perché la Taylor è ben consolidata e ha un team esecutivo forte ed esperto con molti decenni di esperienza in azienda a sostenerlo.

“Sarebbe stato impossibile sia per Bob che per me creare e formare l’azienda da soli”, riflette. “Quando abbiamo iniziato, Bob aveva 19 anni e io 21. Non avevamo esperienza, ognuno di noi ha dovuto concentrarsi sulle cose che ci interessavano e in cui siamo diventati bravi man mano che ci lavoravamo. Ora l’azienda è molto diversa.”

E Andy ha beneficiato di ciò che ognuno di loro ha imparato.

Nessun mutamento: abbracciare il cambiamento

In occasione dell’annuncio pubblico del nuovo ruolo di Andy, abbiamo registrato un’edizione speciale del nostro show video in streaming Taylor Primetime, condotto dal produttore di contenuti della Taylor Jay Parkin. Bob, Kurt e Andy erano ospiti speciali e hanno condiviso i loro pensieri sul perché sia una buona cosa per l’azienda e per le sue parti interessate in futuro. Jay ha chiesto ad Andy come s’immagina i cambiamenti del suo ruolo.

“Sono così fortunato, perché lavoro sempre con delle persone incredibili.”

Andy Powers

“Onestamente, il mio ruolo non cambia molto”, dice. “Per molti versi, si tratta di affari come al solito… Francamente, è grazie a un team di persone così straordinario che posso passare la maggior parte del mio tempo a lavorare sulle chitarre. Le basi che Bob ha gettato con i nostri team di produzione e di sviluppo del prodotto, di costruzione e di manutenzione delle macchine, con l’approvvigionamento del legno e il lavoro che Kurt ha fatto per costruire i nostri team di vendita, marketing, finanza e risorse umane… Sono così fortunato, perché lavoro sempre con delle persone incredibili. Abbiamo veterani del settore, persone straordinarie nel loro campo e questo rende davvero facili quelle che si potrebbero definire le parti più tipiche della gestione di un’azienda. Non fraintendetemi: ogni giorno c’è una grande mole di lavoro, ma le persone con cui lavoriamo sono dei veri professionisti e sono così bravi in quello che fanno che rendono tutto un piacere.”

Mentre il ruolo di Andy potrebbe non cambiare in modo drastico, Bob, Kurt e Andy concordano, in puro stile Taylor, che le nostre chitarre continueranno a, e dovranno, evolversi.

“Ogni volta che ho fatto qualcosa su una chitarra, la gente dice: ‘Cambierà qualcosa?’. Ma in realtà quello che stanno cercando di dire è: ‘La peggiorerà?’. Mi è successo un milione di volte… Quindi sentiti libero di cambiare le cose, Andy. Migliorale.”

Andy comprende che adesso fa parte della sua maggiore responsabilità guidare l’azienda in modi che migliorano l’attività complessiva. Ma la domanda è: per chi è meglio?

“Nel nostro caso, possiamo fare meglio per i musicisti che serviamo, i fornitori da cui compriamo il materiale, le persone che vendono le nostre chitarre e i nostri dipendenti. Quindi, quando cambiamo qualcosa per fare meglio, ecco chi ne trae beneficio.”

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  • 2022 Edizione 3 /
  • Tecnica delle plettrate in su, accordi di undicesima minore e movimenti in triade

Guitar Lessons

Tecnica delle plettrate in su, accordi di undicesima minore e movimenti in triade

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Il fenomenale chitarrista R&B Kerry “2 Smooth” Marshall torna a darci altri consigli su come suonare R&B con una acustica

ora di un’altra tripletta di lezioni di chitarra col sessionman, educatore musicale e fenomeno dell’R&B Kerry “2 Smooth” Marshall.

Kerry apporta un’esperienza ultraventennale nel mondo della musica nelle sue famose videolezioni online di chitarra e nella sua scuola digitale, Kerry’s Kamp. Con circa 135.000 iscritti su YouTube e nuove videolezioni pubblicate ogni settimana, Kerry è una continua fonte d’ispirazione musicale per chi desidera esplorare le tecniche chitarristiche del mondo R&B, gospel e neo-soul. Ma Kerry è anche un sessionman che vanta collaborazioni con artisti del calibro di Tori Kelly, Jason Derulo, Chrisette Michele e Ledisi.

Tecnica delle plettrate in su

Iniziando con una lezione d’apertura, Kerry mostra una semplice tecnica per le plettrate verso l’alto che apporta un sottile accento ritmico al tuo tocco. Impara questo trucchetto da Kelly stesso e aggiungi un dettaglio R&B al tuo sound.

L’accordo di undicesima minore

Subito dopo, Kerry esplora un importante sound nella chitarra R&B, facilmente traducibile anche in altri stili: l’accordo di undicesima minore. Qui Kerry insegna a usare l’undicesima minore come sottile variazione del più comune accordo di settima minore.

Movimenti in triade

Infine, Kerry scende nel dettaglio con una lezione avanzata improntata sui movimenti in triade, un’altra sottile tecnica da usare per insaporire il tuo stile e creare un’elegante vibe R&B.

Vuoi altre lezioni di chitarra acustica R&B da Kerry “2 Smooth” Marshall? Ricorda di visitare il suo canale YouTube e di iscriverti ai suoi video formativi settimanali.

Showcase Custom, secondo round

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Ecco altre splendide chitarre del nostro programma di personalizzazione, con legni pregiati e dettagli estetici accattivanti.Ecco altre splendide chitarre del nostro programma di personalizzazione, con legni pregiati e dettagli estetici accattivanti.

Nell’ultimo numero abbiamo presentato alcune bellissime chitarre Taylor personalizzate progettate per un evento esclusivo di rivenditori in combinazione con il ritorno del NAMM Show ad Anaheim, in California, tenutosi lo scorso giugno. Queste chitarre, realizzate in numero molto limitato, riflettono il meglio dell’abilità dei nostri liutai e della nostra creatività estetica. Ricchi di caratteristiche straordinarie, molti di questi strumenti vantano dei legni di primissima qualità che conferiscono loro ricchezza musicale e bellezza in termini visivi.

Per mettere bene in evidenza i dettagli di queste chitarre, abbiamo creato una galleria migliorata sul sito web della Taylor. È inoltre possibile esplorare la collezione in continua crescita di chitarre personalizzate Taylor, con splendide foto, specifiche complete e i rivenditori da cui trovarle su https://customs.taylorguitars.com.

E se una di queste chitarre vi ispira, contattate il nostro servizio clienti e vi aiuteremo a trovarla.

Custom Grand Concert dodici tasti (#7)

Fondo/fasce: noce
Top: noce
Caratteristiche: filetto del corpo in bloodwood, rosetta ad anello singolo in acero/bloodwood motivo Roman Leaf, intarsi della tastiera della prima Serie 900 in acero/bloodwood, rifinitura lucida shaded edgeburst cioccolato

Custom Grand Auditorium (#36)

Fondo/fasce: acero a foglia larga
Top: abete Sitka
Caratteristiche: poggiabraccio e filetto in acero fiammato, rosetta ad anello singolo in acero/koa, intarsi della tastiera motivo Art Deco in acero/koa, rifinitura lucida Koi Blue con tassello posteriore

Custom Grand Symphony (#16)

Fondo/fasce: palissandro indiano
Top: abete Lutz
Caratteristiche: filetto in bloodwood, rosetta ad anello singolo in acero/bloodwood, intarsi della tastiera/paletta motivo Bouquet in acero/bloodwood, piroli del ponticello in osso colorati con fermacorde in opale rosso australiano, bordi del corpo smussati, finitura Silent Satin con fondo e fasce Kona edgeburst e top Wild Honey Burst

Custom Grand Symphony (#18)

Fondo/fasce: acero a foglia larga
Top: abete Sitka
Caratteristiche: filetto del corpo in cocobolo, rosetta ad anello singolo in paua, piroli del ponticello in osso colorati con fermacorde in opale verde australiano, meccaniche Gold Gotoh 510, finitura lucida Amber con trattamento di invecchiamento per il top

Custom Grand Symphony (#28)

Fondo/fasce: mogano neo-tropicale
Top: abete Sitka
Caratteristiche: filetto in ebano dell’Africa occidentale, rosetta ad anello singolo in paua, intarsi della tastiera/paletta e del ponticello motivo Nouveau in paua e madreperla, meccaniche Gold Gotoh 510, finitura lucida nera trasparente

Custom T5z (#19)

Corpo: sapelli
Top: acero trapuntato a foglia larga
Caratteristiche: filetto nero con bordatura verde sul bordo in abalone. Intarsi della tastiera/paletta motivo Byzantine in abalone verde, piroli del ponticello in osso colorati con fermacorde con opale verde australiano, finitura edgeburst lucida Supernova

Custom Grand Auditorium (#27)

Fondo/fasce: palissandro indiano
Top: sequoia
Caratteristiche: filetto e poggiabraccio in bloodwood, rosetta ad anello singolo in paua, intarsi della tastiera motivo Leaf in paua, piroli del ponticello in osso colorati con fermacorde in opale rosso australiano, rifinitura Silent Satin con top shaded

Custom Grand Symphony (#28)

Fondo/fasce: blackwood figurato
Top: abete europeo
Caratteristiche: filetto e poggiabraccio in bloodwood, rosetta ad anello singolo in bloodwood, intarsi della tastiera motivo Running Horses in acero/koa, meccaniche Gotoh 510

  • 2022 Edizione 3 /
  • On the Bench: le basi della cura della chitarra con Rob Magargal

On the Bench: le basi della cura della chitarra con Rob Magargal

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Il gestore di rete e di assistenza della Taylor spiega gli strumenti per la manutenzione di base di una chitarra, come cambiare le corde e controllare correttamente l’umidità.

Le chitarre acustiche sono dei sistemi complessi di parti interconnesse e, più le suoniamo, più beneficiano di una manutenzione ordinaria. Essendo in legno, sono anche soggette alle condizioni ambientali in cui sono custodite. Ecco perché comprendere le nozioni di base sulla cura della chitarra vi aiuterà molto a mantenere lo strumento in salute e in condizioni ottimali. Una volta apprese tecniche come cambiare le corde e gestire l’umidità, la manutenzione della chitarra sarà facile.

Il gestore di rete e di assistenza della Taylor Rob Magargal ha trascorso molti anni sui banchi da lavoro della fabbrica Taylor e sul campo, mettendo a punto chitarre di ogni forma e dimensione per ottenere una suonabilità perfetta e un suono ricco. In questi video, Rob identifica gli articoli essenziali di un kit per la cura della chitarra, spiega le basi della gestione dell’umidità e mostra come cambiare correttamente le corde praticamente per tutti i tipi di chitarra acustica.

Gli strumenti essenziali per la cura della chitarra

Qui Rob identifica gli strumenti essenziali per la manutenzione di base di una chitarra, come cambiare le corde.

Cambiare le corde: chitarra acustica a sei corde in acciaio

In questo video Rob illustra l’unica abilità di cura della chitarra che ogni chitarrista dovrebbe sapere a memoria: come cambiare correttamente le corde. Si noti che questo video si rivolge nello specifico alle chitarre acustiche a sei corde in acciaio.

Cambiare le corde: chitarra acustica con corde in nylon

Se avete mai suonato una chitarra con corde in nylon come la Taylor 312ceN, l’Academy 12e-N o una chitarra classica tradizionale, probabilmente avrete notato che le corde si fissano sia al ponticello sia alla paletta in modo diverso rispetto alle chitarre con corde in acciaio. In questo video Rob spiega come mettere le nuove corde in nylon su una chitarra. Ricordate che sulle chitarre con questo tipo di corde non dovrebbero mai essere montate delle corde in acciaio, perché la tensione ulteriore causerebbe dei danni allo strumento.

Cambiare le corde: chitarra acustica a dodici corde

Con un numero doppio di corde rispetto a una sei corde, cambiare le corde a un modello che ne ha dodici potrebbe scoraggiarvi. Ma non preoccupatevi: la procedura non è molto diversa, come spiega Rob.

Cambiare le corde: chitarre con paletta inclinata

I modelli con la paletta inclinata, come le nostre Grand Concert a dodici tasti, fondono la procedura usata per le chitarre normali con corde in acciaio e quella per i modelli con corde in nylon. Qui Rob mostra come sostituire le corde di una chitarra con paletta inclinata.

Cura della chitarra: gestire l’umidità

L’umidità relativa è uno dei più importanti fattori da considerare nella manutenzione di una chitarra. Il legno è molto reattivo alle variazioni climatiche e un’umidità eccessiva o insufficiente nell’ambiente dove è custodita una chitarra acustica può causare problemi di suonabilità e di suono. Per fortuna, mantenere i livelli di umidità raccomandati intorno allo strumento è piuttosto semplice. In questo video Rob ne spiega le basi.

Koa-RESTORATION-LEAD

Coltivare il futuro del koa

Scorri verso il basso

Insieme a Pacific Rim Tonewoods e ad altri importanti partner alle Hawaii, ci stiamo impegnando a sviluppare modelli di successo per la riforestazione del koa e la produzione di legno per strumenti musicali per le generazioni future.

Nei numeri precedenti di Wood&Steel, il direttore della sostenibilità delle risorse naturali di Taylor, Scott Paul, ha condiviso gli aggiornamenti sui progetti di restauro della foresta di koa che abbiamo intrapreso alle Hawaii con il nostro partner di lunga data, Pacific Rim Tonewoods. In concomitanza con il lancio della nostra Serie 700 in koa, abbiamo voluto offrire una nuova prospettiva sulle varie sfaccettature del nostro lavoro di gestione delle foreste alle Hawaii, tra cui la selezione dei semi, la ricerca genetica e la coltivazione delle piante mentre ci occupiamo della fornitura futura di alberi.

Chiunque ami il koa sa che cresce esclusivamente alle Hawaii. Probabilmente, però, non tutti conoscono lo stato ecologico in cui versa questo legno. A causa della sua origine in un’isola remota, molti spesso si chiedono se il koa sia una specie a rischio (e no, non lo è). Tuttavia, col passare del tempo, l’habitat del koa hawaiano è cambiato, generando un graduale declino della salute delle foreste native in alcune aree. Di conseguenza, la rigenerazione del koa è stata rallentata da una serie di fattori.

Prima dell’insediamento polinesiano nelle isole Hawaii intorno al 1200 d.C., il koa cresceva in una vasta gamma di habitat e altezze, fino ad arrivare quasi al livello del mare. Si tratta del più grande albero originario delle Hawaii e cresce molto rapidamente (circa un metro e mezzo all’anno per i primi cinque anni in condizioni sane). Come risorsa, il legno di koa era utilizzato dagli hawaiani per diversi scopi, ma soprattutto per le canoe. Quando, nel 1778, l’approdo del capitano James Cook, esploratore della marina britannica, generò un notevole incremento di contatti dall’occidente, e di conseguenza un maggiore interesse per il koa come materiale per realizzare prodotti come mobili e armadi, le foreste native di questo albero si estendevano ancora fino a un’altezza di oltre 600 metri.

In seguito all’introduzione del bestiame alle Hawaii nel 1793 da parte di un altro esploratore britannico, il capitano George Vancouver, che portò in dono al re Kamehameha sei mucche e un toro, l’ecosistema delle isole Hawaii subì una graduale trasformazione. Le foreste vennero disboscate per far spazio agli allevamenti e, al contempo, una crescente popolazione di bestiame selvatico iniziò a nutrirsi delle piantine di koa appena germogliate, soffocando così la rigenerazione naturale di questi alberi.

Inoltre, dall’inizio fino alla metà del 1800, la conversione agricola verso la produzione su larga scala di zucchero e ananas logorò alcune delle foreste di koa a bassa quota. Col tempo e con l’aumento della popolosità delle Hawaii, lo sviluppo dei terreni privati, insieme all’introduzione di piante, animali, insetti e microrganismi non nativi, comprese le specie invasive, hanno ridotto ulteriormente la propagazione naturale del koa.

Oggi le foreste di koa alle Hawaii sono ancora abbondantemente presenti sul territorio, ma la maggior parte di queste specie si trova oltre i 1.200 metri, su terreni privati o protetti, ed è in fase di declino. La rigenerazione è, infatti, gravemente ostacolata da molteplici minacce, tra cui il bestiame selvatico, le pecore e i maiali; specie di piante invasive come la ginestra, lo zenzero kahili e la guava fragola; varie specie di erba originariamente introdotte per il pascolo del bestiame che hanno alimentato la diffusione degli incendi nelle aree forestali; e un fungo del suolo, comunemente noto come fusarium, che ha ucciso diversi alberi di koa a bassa quota.

Per questi motivi, le isole sono state oggetto di numerose ricerche e iniziative, tuttora in corso, che mirano alla riqualificazione delle foreste native per invertire questo declino. Tra gli altri, sono stati avviati interventi per migliorare le condizioni ecologiche delle foreste esistenti e per ripristinare alcuni spazi, precedentemente convertiti in pascoli, al loro stato di foresta nativa.

Koa e chitarre

La storia di Taylor nella produzione di chitarre di koa risale a oltre 40 anni fa. Pacific Rim Tonewoods è nel settore della fornitura di questo legno da circa 30 anni e si è occupata dell’approvvigionamento del koa che Taylor ha acquistato per gran parte di questo periodo.

Questo legno era ampiamente disponibile fino a circa 20 anni fa, finché le Hawaii non hanno smesso di disboscare i terreni per scopi agricoli e la quantità di koa in arrivo sul continente si è inevitabilmente ridotta. Dopo di che, la sua disponibilità è dipesa principalmente, e in maniera imprevedibile, da recuperi di fortuna. Circa sette anni fa, nel 2015, il koa è diventato estremamente difficile da reperire per le chitarre, così Bob Taylor e Steve McMinn di Pacific Rim Tonewoods hanno iniziato a documentarsi per capire meglio le prospettive di approvvigionamento future. I due sono ulteriormente informati sui sistemi di tutela del koa su terreni pubblici e privati alle Hawaii e hanno incontrato i grandi proprietari terrieri della zona per discutere delle loro attuali esigenze di gestione del territorio e degli obiettivi futuri di preservazione di questa risorsa.

In questo video Steve McMinn e altri partner parlano della missione della Siglo Tonewoods e dei nostri sforzi per la riforestazione alle Hawaii.

Questo impegno ha portato al lancio di una partnership formale tra Taylor Guitars e Pacific Rim Tonewoods. Fino a poco tempo fa, la joint venture si chiamava Paniolo Tonewoods. “Paniolo” è un riferimento ai cowboy messicani che originariamente vennero alle Hawaii per insegnare agli abitanti del posto le tecniche di allevamento (importando le loro chitarre e la loro musica), ma il nome è stato recentemente cambiato in Siglo Tonewoods (“Siglo” significa “secolo” in spagnolo e questo nome allude alla visione a lungo termine dell’azienda).

La missione di Siglo è quella di fornire e produrre il legno hawaiano per il futuro (100 anni e oltre) e creare una scorta duratura di questo materiale per gli strumenti musicali. Parte di questo impegno consiste nel contribuire alle attuali iniziative di restauro delle foreste tramite contratti con i proprietari terrieri hawaiani. Questo include anche lo sviluppo di vari progetti di miglioramento degli alberi per incrementare la resistenza all’avvizzimento e per coltivare arboreti da seme.

Contratti di gestione

Come ha spiegato Scott Paul in una precedente rubrica di Wood&Steel (“Tre parti in armonia”, 2020/Vol. 97/Edizione 2), Siglo (allora Paniolo) ha adottato un approccio innovativo in merito ai contratti di gestione, attuato per la prima volta dal Servizio Forestale degli Stati Uniti e da The Nature Conservancy, che affronta i costi ingenti associati al restauro delle foreste. Invece di pagare un proprietario terriero per tronchi o diritti di raccolta, Siglo sarebbe autorizzata a tagliare un numero selezionato di alberi di koa da un’area forestale compromessa e in cambio investirebbe il valore in dollari di quel legno in progetti di riqualificazione forestale della zona.

Casi dimostrativi

Uno dei primi progetti, che ha anche avuto il merito di aiutare Siglo a dimostrare le sue capacità e le sue intenzioni etiche alle Hawaii, è stata una collaborazione con Haleakala Ranch a Maui nel 2015. Nel 1985 erano state piantate due distese di alberi di koa nell’ambito di un programma chiamato “A Million Trees of Aloha” (in italiano “un milione di alberi di Aloha”), avviato da Jean Ayoshi, la moglie dell’allora governatore delle Hawaii, George Ariyoshi. Purtroppo, questi alberi trentenni erano in deterioramento per vari motivi che hanno ostacolato la loro crescita: avevano infatti cominciato a mostrare segni di putrefazione al centro, destinati a peggiorare. In genere, gli acquirenti tendono a evitare questi alberi di koa “giovani” (non provenienti da foreste naturali), in particolar modo quelli compromessi. Ma Siglo, in un primo momento, e poi Taylor, hanno accettato di lavorare con questo legno. Taylor ha dovuto adottare ulteriori misure per essere in grado di realizzare chitarre con questo materiale, ma l’ha poi utilizzato su decine di migliaia di strumenti, dimostrando che il koa di recente introduzione può comunque produrre legno di qualità. Il ricavato della vendita del legno ha permesso a sua volta all’Haleakala Ranch di aumentare i suoi sforzi per ricostituire le foreste delle aree vicine.

Un altro dei primi progetti, lanciato nel 2017, è stato un contratto quinquennale di conservazione e gestione di 1.600 acri di proprietà di Kamehameha Schools, il più grande proprietario terriero delle Hawaii, della foresta di Honaunau, situata sull’isola di Hawaii. Anche se era stato stabilito l’ordine di ricostituire la foresta, dagli anni ’90 non era stata avviata nessuna iniziativa di raccolta delle piante. Di conseguenza, non c’erano fondi per finanziare gli interventi necessari. Il contratto ha permesso a Siglo di raccogliere un numero selezionato di alberi di koa e, secondo il direttore generale di Siglo Nick Koch, i proventi della vendita del legno, circa 1,6 milioni di dollari, sono stati destinati a un fondo di conservazione, di cui finora è stato speso circa 1 milione, in gran parte per la recinzione e il controllo degli animali. In seguito a tali iniziative, quest’area ora è popolata da migliaia di nuovi alberi di koa.

Il koa è uno dei pochi legni al mondo le cui prospettive di fornitura per i prossimi 25 anni sono più rosee di quelle odierne.

Questa tipologia di contratti di gestione basati su progetti consentiranno a Siglo di avere una fornitura di koa più prevedibile a breve termine, e nel frattempo di occuparsi di altri interventi attualmente in corso per riqualificare le foreste e piantare alberi, al fine di ottenere una fornitura più sostenibile a lungo termine nel prossimo secolo. Insomma, possiamo ben sperare per il futuro: il koa è uno dei pochi legni al mondo le cui prospettive di fornitura per i prossimi 25 anni sono più rosee rispetto a quelle odierne.

Piantare alberi e costruire un mulino

Siglo ha fatto un passo importante verso i suoi obiettivi di coltivazione nel 2018, quando Bob Taylor ha acquistato 564 acri di terreno da pascolo sull’isola maggiore, vicino a Waimea, area che, fino a 150 anni prima, era una leggendaria foresta di alberi di koa. Questo spazio, ufficialmente denominato Siglo Forest, è stato affittato da Siglo Tonewoods, che ha ideato un piano per piantare specie native miste nelle aree a forte pendenza. Queste saranno messe da parte per la preservazione delle specie (30% della proprietà) e per piantare koa nelle aree meno ripide per la produzione di legname. Quando la Siglo Forest sarà matura, potrà produrre più del doppio del volume di legname che Taylor usa attualmente, e il piano di gestione garantirà una fornitura continua e diversificata di foreste native operative.

Come abbiamo annunciato nell’autunno del 2021, a giugno dello stesso anno abbiamo iniziato a piantare semi di koa e specie miste di alberi e arbusti nativi su 20 acri. Abbiamo imparato molto da quest’esperienza, il che ci aiuterà con le piantagioni future. L’obiettivo è piantare 150.000 alberi di koa entro il 2030, con il primo raccolto utile probabile nel 2050.

Quando la Siglo Forest sarà matura, il piano di gestione garantirà una fornitura continua e diversificata di foreste native operative.

I piani prevedono inoltre la costruzione di un mulino, che permetterà a Siglo Tonewoods di tagliare il koa in modo efficiente alle Hawaii e consentirà l’integrazione verticale. Una volta operativo, il mulino sarà usato per tagliare sia il koa che altri legni per strumenti, oltre che per prodotti a valore aggiunto come pavimentazione per le isole. Il mulino consentirà un migliore controllo della qualità e genererà posti di lavoro per sostenere l’economia locale. Nel frattempo, Siglo ha anche migliorato le sue capacità operative alle Hawaii investendo nelle sue attrezzature per il taglio, che permettono un utilizzo migliore e più consapevole degli alberi.

Selezione dei semi e miglioramento genetico del koa

Una delle fasi cruciali nello sviluppo di un programma efficiente per la coltivazione di koa, che miri a produrre alberi sani e appetibili, è condurre una ricerca ecologica adeguata. Grazie alla loro esperienza con gli altri legni per strumenti, sia Bob Taylor che Steve McMinn comprendono l’importanza di questi studi. Per Bob, il progetto di piantare l’ebano in Camerun, meglio conosciuto come l’Ebony Project, era basato su una ricerca innovativa che Bob ha finanziato per comprendere meglio le strategie di propagazione di questo albero. Quanto a Steve, alcuni lettori forse ricorderanno l’articolo di Wood&Steel (Inverno 2015, Vol. 81) relativo alla ricerca da lui condotta sulla coltivazione dell’acero a foglia larga. L’obiettivo era ottenere alberi con dei tratti genetici vantaggiosi per gli strumenti musicali, ovvero con una bella linea estetica. Quel progetto ha continuato a progredire: sono attualmente in corso degli esperimenti su un ex terreno agricolo vicino al mulino dell’azienda della Skagit Valley, nello stato di Washington, chiamato Utopia Forest, per stabilire se l’aspetto degli alberi è geneticamente trasmissibile. Esistono degli interessanti punti in comune tra l’acero e il koa: per entrambe le specie, che raggiungono rapidamente una dimensione utile, si mira a coltivare alberi dall’aspetto adeguato a strumenti musicali e altri prodotti di qualità. Steve e il suo team, di recente, hanno pubblicato un video che illustra questo progetto.

Kevin Burke, un orticoltore di Pacific Rim Tonewoods che ha supervisionato gli studi sull’acero, coordina un progetto simile con il koa alle Hawaii. L’obiettivo è quello di favorire la propagazione di alberi geneticamente superiori per ripristinare la varietà e la qualità genetica del koa, in declino nei secoli passati.

Il progetto è stato lanciato nel 2016, poco dopo la fondazione di Siglo Tonewoods, come collaborazione di ricerca con Haleakala Ranch e condotta presso Native Nursery a Maui. È iniziata con la coltivazione cooperativa di alberi di Haleakala Ranch selezionati per la straordinaria qualità del legno. Attualmente, 65 linee clonali di questi alberi sono in fase di propagazione e 10 sono già state micropropagate.

Analogamente, Siglo ha sponsorizzato la ricerca con l’Hawaiian Agricultural Research Center (HARC) e lo U.S. Forest Service Tropical Tree improvement Program. Questa collaborazione ha portato nel 2021 al lancio di un programma di selezione dei semi che mira a contribuire alla riforestazione delle Hawaii con alberi di koa di stampo genetico superiore. I semi, ottenuti da 42 alberi “plus”, ora sono in fase di crescita e vengono testati per la resistenza all’appassimento, caratteristica che ottimizzerà la loro robustezza. Lo studio ha anche identificato molti altri alberi “plus” di cui sarà presto possibile raccogliere i semi.

Rispetto all’acero, spiega Burke, il koa è più facile da coltivare a partire dai semi. E nei koa giovani la linea è anche visibile da prima.

Gli alberi di koa di due anni che abbiamo piantato al Keauhou Ranch sull’isola di Hawaii

Siglo, inoltre, ha lavorato insieme ad HARC per piantare un arboreto/prova di progenie di 1.600 alberi nella Siglo Forest, usando sementi resistenti alla siccità. Questa iniziativa dovrebbe produrre semi operativi nel 2026. HARC ha anche avviato un programma di test della resistenza all’avvizzimento con cultivar sviluppate all’Haleakala Ranch e semi ottenuti dal programma del 2021 di selezione/miglioramento degli alberi di Siglo.

A oggi, 2022, sono stati piantati 12.500 alberi frangivento nella Siglo Forest, l’arboreto di semi è stato ampliato e sono stati coltivati altri 30 acri di koa e foresta mista. Nel frattempo, Siglo Tonewoods ha anche affittato una serra a Waimea per sostenere il suo progetto di propagazione. In definitiva, afferma Steve McMinn, la ricerca e il pensiero strategico che il team ha destinato allo sviluppo e al perfezionamento dell’intervento di coltivazione vuole rappresentare un modello per altri che si interessano alla riforestazione e all’afforestamento (piantare alberi su terreni che non erano coperti da foreste da tempo, come i pascoli) di koa in tutte le Hawaii. Scopri altre storie sull’avanzamento di questi progetti nelle prossime edizioni di Wood&Steel.

Un sistema di sostegno costante

Scorri verso il basso

Come il nostro team che cura i rapporti con gli artisti si è evoluto per soddisfare le esigenze in continua evoluzione dei musicisti

Ripercorrere i quasi 50 anni di carriera di Taylor significa scoprire un percorso pieno di innovazioni volte a soddisfare al meglio ogni tipo di musicista: da quello che si esibisce nel weekend, passando per quello che si diletta a suonare in cameretta fino ad arrivare ai nomi più noti del panorama musicale. Un’esigenza comune a tutti è da sempre la suonabilità. Un’altra è il profilo tonale: chiarezza, bilanciamento, affidabilità delle prestazioni, funzionalità e non solo. Anche lo sviluppo di una linea di strumenti sempre più diversificata che rifletta l’incredibile gamma di preferenze dei chitarristi e le varietà musicali del mondo si è rivelato un elemento essenziale.

Questa filosofia innovativa rispecchia perfettamente le nostre relazioni con gli artisti, i cui desideri musicali ed esigenze concrete hanno contribuito a plasmare il nostro approccio alla progettazione e, in molti casi, ci hanno spinto a creare strumenti più utili ed espressivi. Il nostro sistema di assistenza si basa sui rapporti genuini, e per costruirli è necessario un programma efficace di relazione con gli artisti (RA). Ovviamente, nel corso del tempo, Taylor è cresciuta e le esigenze dei musicisti sono cambiate, ma il nostro team si è adattato e ha accolto un’ampia e varia gamma di artisti di talento nella nostra famiglia.

Piantare il seme Taylor

Per molto tempo abbiamo gestito le relazioni con gli artisti alla vecchia maniera, partendo dal basso. D’altronde eravamo i nuovi arrivati che cercavano di farsi strada nel panorama musicale. Per fortuna, il nostro biglietto da visita erano i manici di Bob Taylor, facili da suonare e con un bel profilo sottile: bastava mettere una Taylor nelle mani di un chitarrista e il lavoro era fatto. Anche la vicinanza a Los Angeles ha aiutato. Infatti siamo riusciti a trovare un paio di proprietari di negozi di strumenti che hanno consigliato le nostre chitarre ai musicisti della zona di Laurel Canyon con cui erano in contatto, oltre che ad altri professionisti che passavano di lì per esibirsi o registrare.

Sin da subito, Bob legò con alcuni degli artisti che avevano scoperto le Taylor, contatti che in alcuni casi hanno portato a collaborazioni creative nell’ambito di modelli signature e hanno permesso a questi artisti di articolare meglio i loro stili di esecuzione unici, come il fingerstyle a 12 corde del talentuoso Leo Kottke e il progressive bluegrass picking di Dan Crary. In questo senso, gli artisti sono spesso stati parte del processo creativo di Taylor. Negli anni ‘80, il maestro di fingerstyle Chris Proctor ci ha aiutato a sviluppare la prima Grand Concert, mentre un decennio più tardi l’interesse della star del country Kathy Mattea ha spinto Bob a terminare la forma del corpo del nostro fiore all’occhiello, la Grand Auditorium a cui stava lavorando. Anche se Bob non ha mai aspirato a occuparsi direttamente di RA (lo scrive nel suo libro “Guitar Lessons”), i rapporti personali che ha stretto nel corso della sua carriera con artisti come Taylor Swift (e suo padre, che anni fa chiamò Bob per tessere le lodi musicali della figlia allora dodicenne) e Zac Brown, testimoniano l’importanza dell’essere onesti e genuini.

Man mano che Taylor si evolveva, si è espansa anche la nostra rete di contatti con gli artisti: altri collaboratori chiave di Taylor, come l’ex direttore delle vendite TJ Baden, il veterano dell’industria musicale Bob Borbonus e la coordinatrice delle RA di lunga data Robin Staudte, hanno trasformato la nostra attività di RA in un’infrastruttura più formalizzata, contribuendo a instaurare un rapporto con alcuni dei nomi più importanti della musica, tra cui Kenny Loggins, John Denver, Dave Matthews, Clint Black, Sarah McLachlan, The Edge degli U2 e molti altri.

Oggi, chiaramente, l’industria della musica è totalmente diversa da quando Taylor ha iniziato a costruire chitarre nel 1974. Anzi, gran parte degli artisti sono pronti ad affermare che è radicalmente cambiata anche rispetto a due anni fa. Parole come “influencer” ed “engagement” avrebbero suscitato stupore nella maggior parte dei professionisti del settore, ma oggi i social sono un fattore chiave di quest’industria. La musica oggi si concentra sempre di più sulle pubblicazioni fai-da-te e sull’autopromozione, oltre che su un pubblico globale che continua a diversificarsi. Alla luce di questi cambiamenti, abbiamo preso coscienza di un paio di cose. Innanzitutto, abbiamo capito non sarebbe più stato possibile affidarsi esclusivamente a nomi di spicco senza cercare il favore degli artisti emergenti e in ascesa. I giorni in cui un singolo nome importante era sufficiente a promuovere un marchio di strumenti ormai sono passati. In secondo luogo, ci siamo resi conti che potevamo promuovere meglio i nostri artisti mentre loro ci aiutavano a raggiungere i nostri obiettivi. Infine, abbiamo preso coscienza del fatto che in quanto brand in evoluzione in uno scenario sempre più eterogeneo e internazionale, avevamo bisogno di un team di RA che fosse realmente internazionale in termini di estensione e stile.

Conosci il team di relazioni con gli artisti Taylor

Il team RA di Taylor, con sedi a El Cajon, in California, nei principali hub musicali come Nashville e Los Angeles, nonché in Europa e in Asia, è un gruppo divertente e competente, con un approccio poliedrico alla creazione dei roster di artisti.

In California, Tim Godwin e Lindsay Love-Bivens si dividono il compito continuo di contattare gli artisti, mantenere i rapporti, spedire le chitarre e recarsi ai concerti per incontrare di persona i musicisti. Per fare un buon lavoro, però, serve tutto l’aiuto possibile, quindi anche gran parte del team di marketing di Taylor è coinvolto nelle relazioni con gli artisti. Jay Parkin e Andrew Rowley si occupano della produzione di contenuti, collaborando con una squadra internazionale di videografi, fotografi, redattori e altri creativi per produrre performance video esclusive e interviste esclusive agli artisti. Sergio Enriquez e Matt Steele portano questi contenuti a un pubblico più ampio attraverso i social, mentre Billy Gill mette in relazione il marketing e gli artisti con il reparto vendite. Devin Malone si occupa dell’area di Nashville e Terry Myers contribuisce a soddisfare i musicisti con configurazioni personalizzate e altre modifiche che rendono unica la chitarra di ogni artista.

All’estero, il team è in continua espansione. Andy Lund ricopre l’area della Cina, mentre Masaki Toraiwa gestisce Taylor in Giappone. Dan Boreham dal Regno Unito aiuta nel coordinamento delle attività degli artisti in Europa. Dalla sua sede in Colombia, invece, Juan Lopera si occupa degli artisti dell’America Latina.

Qui di seguito troverai una breve intervista ai membri del team che si occupano degli artisti, che hanno accettato di mettersi davanti alla telecamera stavolta, e parlare dei loro chitarristi preferiti, dei loro talenti nascosti, delle loro opinioni discutibili sulla pizza e molto altro.

Formare la famiglia

Nel 2010, Taylor ha nominato Tim Godwin direttore delle relazioni con gli artisti e dell’intrattenimento internazionale. La lunga carriera di Tim come musicista e turnista in giro per il mondo, oltre che come professionista del settore in generale lo ha messo nella posizione ideale per gestire un programma per artisti: innanzitutto ha vissuto la vita di un musicista e ne comprende le esigenze, inoltre, ha lavorato come [direttore delle relazioni con gli artisti] per Line 6, quindi grazie a quell’esperienza aveva già molti contatti. Questo fattore è stato fondamentale, perché questo settore non coinvolge solo gli artisti stessi, ma anche i tecnici, i direttori musicali, le società di allestimento dei concerti, i locali, i manager, i tecnici del suono e i fonici da studio e live: insomma, tutti coloro che lavorano nel settore della musica.

Godwin è stato chiamato a fare ciò che sa fare meglio: far conoscere le nostre chitarre agli artisti e permettere loro di provare una Taylor. Formare un roster di musicisti, tuttavia, richiede tempo e risorse, e noi non avevamo i mezzi necessari o il patrimonio consolidato di altri marchi storici. Quello che avevamo, però, in quanto azienda, era il nostro impegno per l’innovazione del design, ed è questo che continua a distinguerci dai brand storici e che fa di noi un’azienda estremamente all’avanguardia nel campo della costruzione degli strumenti musicali. Inoltre, le nostre chitarre sono sempre state caratterizzate da linearità e affidabilità delle prestazioni, oltre che da un servizio e un’assistenza che erano musica per le orecchie di un musicista in tour.

Tuttavia, Godwin riconosce che dopo il suo arrivo, per ottenere il sostegno dell’azienda che lui riteneva necessario, dovette dimostrare come le partnership con gli artisti potessero far progredire gli obiettivi di Taylor in modi che i responsabili delle decisioni aziendali potessero appoggiare.

C’è un’esperienza in particolare che ricorda, che si rivelò un momento di svolta per lo sviluppo del settore degli artisti da Taylor. Accadde nel 2012, quando il cantautore Philip Phillips si stava facendo conoscere nel programma televisivo American Idol.

“Durante un’esibizione, dopo la canzone, a un certo punto Randy Jackson [il giudice dello show] disse a Philip: ‘Ehi, bella chitarra. Che modello è?’” racconta Godwin. “Era una Taylor GS7, uno dei primi esemplari di Grand Symphony. Dopo che l’episodio andò in onda, controllammo il sito per verificare l’affluenza alla pagina della GS7. Normalmente, le visualizzazioni di quella sezione ammontavano a una decina in tutto l’arco del mese, ma dopo American Idol sono arrivate a circa 5.000 in una sola settimana.”

Godwin ricorda che quello fu il momento in cui riuscì a dimostrare concretamente che gli artisti potevano fare la differenza.

Mettere le radici

Un altro fattore importante che ci ha spinto a sviluppare il nostro approccio alle relazioni con gli artisti è stato il panorama di Nashville, una vera e propria mecca per chitarristi acustici di spicco, per la musica country e americana, per gli ingegneri del suono e per praticamente chiunque sia coinvolto nella creazione di musica. Negli anni ‘90 ci siamo fatti conoscere grazie alla popolarità dell’allora nuova forma di corpo Grand Auditorium, che i tecnici e i turnisti locali amavano per il bilanciamento e la chiarezza affidabili in studio.

Ma Nashville non è una città qualunque: si tratta del cuore della musica roots americana, e i musicisti di questa zona applicano questo elemento tradizionalista alle loro scelte chitarristiche. Godwin ricorda di aver fatto di tutto per organizzare incontri con i gestori di locali noti come il Bluebird Café e con i dirigenti di Big Machine, un’importante etichetta indipendente. E nonostante la considerevole rappresentanza a Nashville, Taylor dovette comunque darsi parecchio da fare per ritagliarsi uno spazio in questa città.

“Nashville è la culla della Gibson”, spiega Godwin. “Taylor dovette davvero dimostrare che meritava di essere lì.”

Ma il duro lavoro paga sempre e le radici di Taylor a Nashville oggi sono più salde che mai. L’allestimento del nostro showroom Taylor e la distribuzione delle chitarre agli artisti locali hanno avuto un grosso impatto positivo: il nostro studio al SoundCheck Nashville, dove giriamo la nostra serie di performance acustiche Taylor Soundcheck, ha attirato un’ampia gamma di nuovi musicisti. E il lavoro continua a casa nostra, dove i veterani di Taylor come Terry Myers si occupano di configurazioni personalizzate per gli artisti e si assicurano che ogni chitarra che viene spedita suoni esattamente come l’artista desidera. Ormai non siamo più degli estranei a Nashville. Il responsabile delle relazioni con gli artisti, Devin Malone, vive e lavora a Music City e si occupa di assistere gli artisti, organizzare eventi e svolgere gran parte del lavoro dietro le quinte per promuovere il successo di Taylor in questa città.

Sviluppare nuovi rami

Nashville ci ha anche aiutato a riconoscere la crescente eterogeneità del mondo della musica. Una parte importante dell’eredità americana di Nashville è la ricca storia musicale degli artisti afroamericani e il team di RA ha voluto integrare questo elemento per aiutare Taylor a diventare un marchio più inclusivo.

A questo proposito, abbiamo realizzato un articolo digitale speciale su Wood&Steel dell’estate 2021 intitolato Le nostre radici: onore alle influenze musicali afroamericane e scritto dalla responsabile delle relazioni con gli artisti e con la comunità di Taylor, Lindsay Love-Bivens. L’autrice ha proposto una panoramica multimediale riguardo all’impatto degli artisti afroamericani sulla musica odierna. Lindsay si è recata a Nashville per visitare il nuovissimo museo che ripercorre la lunga storia dei musicisti neri che hanno plasmato la musica americana. Quel viaggio ha avuto un effetto immediato: ci ha incoraggiato a pensare più in grande quando si tratta di creare una comunità di artisti che rifletta i nostri valori come azienda.

“La rappresentanza è importante”, afferma Lindsay. “Se vuoi raggiungere gli artisti di tutto il mondo, devi impegnarti a creare un programma diversificato.”

La prospettiva di Lindsay deriva da una vita passata nel mondo della musica. Da musicista con tanti tour e performance come artista indipendente alle spalle, ha iniziato a lavorare con Tim Godwin e il team di relazioni con gli artisti nel 2018. La sua competenza e i suoi numerosi contatti l’hanno resa una rappresentante ideale per artisti e comunità musicali che Taylor non aveva mai raggiunto prima.

“Volevo sviluppare, rafforzare e incrementare le nostre relazioni con gli artisti BIPOC [“Black, Indigenous, and People of Color”, ovvero la comunità nera, indigena e di colore], nonché ampliare il nostro coinvolgimento in generi a cui non siamo stati necessariamente associati in precedenza”, afferma Lindsay. “Suono la chitarra acustica sin da quando ero piccola, prediligendo neo-soul, R&B e hip-hop. In qualità di musicista donna nera, sapevo che appartenevamo a quelle comunità e a quei generi: bastava solo farci conoscere.”

I contributi di Lindsay hanno aiutato la nostra squadra globale a coinvolgere diverse comunità musicali in tutto il mondo.

Pensare in grande, ascoltare di più

Da quel momento, il reparto RA è cresciuto notevolmente. Andy Lund, veterano di Taylor da 16 anni, dirige le nostre attività in gran parte dell’Asia, comprese Cina, Hong Kong, Giappone, India, Corea del Sud, Tailandia e Vietnam. Masaki Toraiwa si occupa dell’area del Giappone e ha lavorato con Andy per portare artisti come Otake, Iko Asagiwa, Ryosuke Yufu e il tailandese Natee Chaiwut nel roster di Taylor negli ultimi anni.

In America Latina, Juan Lopera ha contribuito a dare a Taylor una posizione di spicco nel mondo della musica di quest’area, mettendoci in contatto con nomi importanti quali la cilena Mon Laferte, l’argentina Silvina Moreno, il messicano Jorge Blanco, Techy Fatule della Repubblica Dominicana e l’astro nascente colombiano Camilo. In Europa, Dan Boreham, originario del Regno Unito, ha instaurato rapporti con artisti come i cantautori George Ezra e Jade Bird, il trio pop New Rules e il polistrumentista Jake Isaac.

Ci mettiamo in contatto con nuovi artisti in tutto il mondo nello stesso modo in cui lo facciamo in Nord America: ascoltando le loro esigenze e soddisfacendole.

“L’esposizione mediatica non è più sufficiente”, afferma Lindsay. “Gli artisti di oggi sono hanno le idee più chiare in merito a cosa desiderano dalla loro partnership con il marchio. Le strette di mano e i post sui social non sono sufficienti.”

Instaurare un rapporto con l’artista è la parte facile. Coltivarlo è un altro conto. Come ogni relazione, i legami tra marchi e artisti richiedono impegno e sostegno reciproco.

“Artists are thinking, ‘What am I getting out of this other than a loaner guitar?’” says Jay Parkin, who oversees content production for Taylor. “What about long-term support? What can we do to make a difference for artists?”

Questa prospettiva ha contribuito alla nascita di una nuova ala del team di RA, incentrata sull’utilizzo dei contenuti per attirare e preservare i rapporti con gli artisti di Taylor. Carpire fedelmente lo stile di un musicista è un processo importante, e la stragrande maggioranza degli artisti non ha le risorse per promuoversi in maniera efficace in questo senso. Jay Parkin è a capo dell’aspetto contenutistico del reparto RA, insieme a un team internazionale incaricato di generare contenuti video e digitali di alta qualità che coinvolgano i musicisti di Taylor.

Queste iniziative includono serie come Taylor Soundcheck e Taylor Acoustic Sessions, produzioni continue che portano gli artisti nello studio Taylor per registrare versioni unplugged e completamente acustiche delle loro canzoni. In queste serie, abbiamo filmato la vincitrice del GRAMMY Allison Russell, gli emergenti pop-punk di Meet Me @ the Altar, la famosa cantautrice e produttrice Linda Perry, la superstar cilena Mon Laferte e molti altri.

Il sostegno ai nostri artisti può assumere diverse forme. Spesso costruiamo chitarre personalizzate uniche (non modelli signature) che possono aiutare gli artisti ad avvicinarsi a Taylor in modo del tutto personale. I fan del nostro marchio ricorderanno sicuramente l’iconica chitarra acustica viola di Prince, ma abbiamo anche creato pezzi personalizzati come la chitarra completamente bianca di Katy Perry, la famosa acustica a doppio manico di Richie Sambora e la chitarra di Zac Brown con il suo nome. Più di recente, abbiamo costruito modelli per superstar del pop del calibro di Billie Eilish e FINNEAS.

A volte, il sostegno agli artisti richiede degli interventi più diretti. Ogni musicista che sia mai stato in tour sa quanto sia frustrante non avere una chitarra quando se ne ha bisogno, che la propria sia stata rubata, persa o danneggiata. La sinergia con il nostro roster ci permette di spedire le chitarre al volo per garantire che gli artisti possano proseguire nel loro tour o completare le registrazioni. Lavoriamo a stretto contatto anche con le società di allestimento, assicurandoci che i nostri artisti abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno quando salgono sul palco.

“È un approccio di assistenza agli artisti costante”, spiega Tim Godwin. “Devi davvero essere un partner per il musicista, non solo uno sponsor.”

Una visione comune

Il nostro team attribuisce il merito di aver agevolato la partecipazione degli artisti all’evoluzione di Taylor in due settori: la progettazione delle chitarre e la responsabilità ambientale.

Come illustrato nelle rubriche sulla sostenibilità di Scott Paul in questo e nei precedenti numeri di Wood&Steel, Taylor ha investito parecchio per creare una catena di approvvigionamento più responsabile dal punto di vista ambientale per le nostre chitarre qui in California e in tutto il mondo. Abbiamo adottato queste misure perché crediamo sia giusto, e i nostri artisti condividono questo valore.

I musicisti di ogni genere affermano sempre più spesso di essere attirati dall’impegno in campo ambientale di Taylor. Alcuni sono addirittura appassionati di questo tema quanto noi. Ad esempio, la cantautrice britannica Beatie Wolfe partecipa regolarmente agli eventi sulla sostenibilità di Taylor. Altri, soprattutto gli artisti emergenti della Gen Z, sono felici di abbracciare queste iniziative e di sapere che Taylor sia pioniera di un’industria musicale più responsabile dal punto di vista ambientale.

Lo stesso spirito di inventiva alla base della filosofia di Taylor caratterizza anche il nostro approccio al reparto RA. Molti artisti, però, hanno dei pregiudizi nei confronti delle chitarre Taylor. Ecco perché, soprattutto dopo l’arrivo del maestro liutaio Andy Powers nel 2011, abbiamo diversificato la nostra linea di acustiche per renderla poliedrica come il nostro albo di artisti, e far sì che ci sia un prodotto adatto a ogni tipo di musicista. In questo modo possiamo rassicurare gli artisti che credono che una Taylor non faccia per loro.

“Non saprei dire quante volte mi è capitato di parlare con chitarristi che pensavano che non esistesse una Taylor adatta a loro”, afferma Godwin. “Dico sempre che se non ti convince nessun modello ora, di sicuro troverai qualcosa l’anno prossimo. Glen Phillips [dei Toad the Wet Sprocket], per esempio, non è un fan di Taylor, non ha mai apprezzato le nostre chitarre. Poi, però, gli è capitato di provare una Grand Pacific Builder’s Edition con un amico, e mi ha subito chiamato per chiederne una sua.”

La nostra storia è in costante evoluzione e miriamo sempre a soddisfare le nuove esigenze degli artisti e a raggiungere nuovi talenti. La dreadnought Grand Pacific, progettata per ottenere un timbro misto che richiami le chitarre vintage e le registrazioni acustiche, ha suscitato grande stupore al suo arrivo a Nashville. Altre novità, come la coppia di nuove chitarre in koa che verranno introdotte nella Serie 700 quest’estate (descritte in un’altra sezione di questo numero), vantano un’estetica grezza e naturale che offre ai tradizionalisti ancora più possibilità di apprezzare la linea Taylor. Abbiamo progettato chitarre con una scala più ridotta, come la GT e la GS Mini, per raggiungere i musicisti che preferiscono un’esperienza compatta. E persino gli interni vengono costruiti in base alle esigenze del chitarrista: la nostra catenatura Classe V è stata un successo per i professionisti della registrazione e ha contribuito a portare ancora più chitarre Taylor negli studi di tutto il mondo.

Il nostro team di sviluppo delle chitarre ha sempre avuto un solo obiettivo: offrire una migliore esperienza ai musicisti. Ed è proprio questo il segreto dei rapporti con gli artisti: mostrare loro quanto le nostre chitarre possano essere utili per poi proporci di sostenerli in modo efficace.

  • 2022 Edizione 2 /
  • Showcase Custom Gallery: Design esclusivi per il NAMM

Showcase Custom Gallery: Design esclusivi per il NAMM

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Con il ritorno del NAMM Show dopo due anni, eravamo entusiasti di poter costruire delle nuove chitarre eccezionali da offrire ai clienti dei rivenditori in visita. Ecco un’anteprima di alcune delle nostre preferite.

Ogni anno, in occasione del NAMM Show ad Anaheim, in California, il team delle vendite della Taylor ospita un evento che mette in mostra una serie di bellissime chitarre attraverso il nostro programma di personalizzazione. Per noi è un’opportunità per incontrare i rappresentanti di alcuni dei negozi di chitarre più famosi del mondo, che possono vedere, suonare e ordinare alcune di queste fenomenali creazioni personalizzate, alcune disponibili in quantità molto limitate, da offrire ai clienti nei loro negozi. Il programma custom della Taylor dà vita ad alcuni dei nostri progetti più inventivi e intricati dettagli visivi, e spesso troverete nuove combinazioni di legni impreziosite da dettagli che non troverete nella linea Taylor standard. Date un’occhiata ad alcune delle nostre chitarre preferite delle custom per il NAMM di quest’anno qui sotto. Se una vi colpisce, contattateci e vi aiuteremo a trovarla.

Custom Grand Orchestra (#15)

Fondo/fasce: acero a foglia larga
Top: abete Sitka
Caratteristiche: binding in finto avorio venato con filetto decorativo del top tipo zipper, rosetta in finto avorio/nera tipo zipper, intarsi Mission striato in finto avorio/madreperla, meccaniche Gotoh 510, piroli del ponticello in osso.

Custom Grand Orchestra (#14)

Fondo/fasce: koa hawaiano di grado AA
Top: koa hawaiano di grado AA
Caratteristiche: rosetta Roman Leaf in koa/bosso posata a mano, intarsi Ocean Vine in koa/bosso, meccaniche Gotoh 510, piroli del ponticello in osso con fermacorde in awabi (abalone).

Custom Grand Auditorium (#13)

Fondo/fasce: sassafrasso blackheart
Top: abete Adirondack
Caratteristiche: binding in sapelli, rosetta Art Deco in bosso/sapelli, intarsi Euro Deco in bosso/sapelli, meccaniche Gotoh 510, piroli del ponticello in osso con fermacorde con opali australiani iridescenti.

Custom 12-fret Grand Concert (#9)

Fondo/fasce: acero figurato a foglia larga
Top: abete Sitka
Caratteristiche: binding in finto guscio di tartaruga, rosetta in finto avorio/finto guscio di tartaruga, fondo/fasce/manico Vintage Sunburst con top nero, corpo/manico con rifinitura lucida, meccaniche Gotoh 510, piroli del ponticello in osso.

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Postura, inversioni di accordi di settima e voice leading

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In queste video lezioni Nick Veinoglou condivide ulteriori consigli per aiutarvi a migliorare il livello.

Bentornati alla nostra serie regolare di video lezioni prodotte e tenute dagli artisti Taylor, musicisti professionisti e insegnanti di musica.

Nick Veinoglou è tornato per fare luce su alcuni argomenti chiave per i chitarristi acustici che vi aiuteranno a migliorare le vostre abilità e ad aggiungere nuovi suoni e tecniche al vostro kit. L’esperienza di Nick come chitarrista turnista e musicista in tournée, così come il tempo passato come direttore musicale e produttore, lo rendono uno dei partner più perspicaci di Taylor. Registra musica originale con il proprio nome e con i nomi d’arte Donut Boy e Lo Light. Con tre album all’attivo, Veinoglou ha suonato al fianco di artisti come Justin Timberlake, Camila Cabello, Shawn Mendez e Dua Lipa, e ha fatto numerose apparizioni con Joshua Bassett, Fletcher, Dove Cameron, Jordan Fisher e altri musicisti di ogni genere.

Per iniziare, Nick spiega un concetto apparentemente semplice, che però può avere un forte impatto sul vostro modo di suonare: la postura. Guardate qui sotto come Nick mostra il modo migliore di tenere la chitarra per ridurre inutili sforzi fisici e ottenere il massimo quando suonate.

In seguito, Nick approfondisce gli accordi di settima e la loro composizione, spiegando il concetto di inversione degli accordi per aiutarvi a scoprire una gamma più ampia di suoni e a diversificare il vostro vocabolario di accordi.

Infine, Nick entra nel vivo di un argomento impegnativo per qualsiasi chitarrista: il voice leading, l’arte di fondere diverse linee melodiche (come una melodia di chitarra cantata) per creare un unico suono armonico.

Seguite Nick su Instagram per ulteriori lezioni, aggiornamenti del tour, video di esibizioni e molto altro.

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